martedì 19 dicembre 2017

Precious Ramotswe, detective

Ho appena finito di leggere Precious Ramotswe, detective di Alexander McCall Smith, primo di una serie di libri pubblicati tra il 1998 e il 2015.
Ignoravo l'esistenza di questi romanzi, malgrado abbiano avuto un grande successo, finché un'amica me li ha consigliati e devo ringraziarla (grazie, Sonia!) per questa bellissima scoperta.

All'inizio, ho commesso un terribile errore: ho letto le prime pagine come se avessi in mano una penna rossa per segnare gli errori. Mi sono fermata subito perché mi sono accorta che mi stavo perdendo la storia, e questo è il risultato di troppe discussioni tecniche sulla scrittura, a volte utili e interessanti, ma negli ultimi tempi decisamente troppe e troppo pesanti per me. Mi stonavano alcune ripetizioni nei primi capitoli, ma mi sono ricordata com'era la realtà in Africa quando ci sono stata. All'improvviso quelle ripetizioni non stonavano più, anzi, erano in perfetto stile africano. Allo stesso modo, sono deliziosamente africani i modi, le riflessioni, le interazioni dei personaggi e mi sono ritrovata nel continente nero nel giro di poche pagine. Alla strepitosa Precious, ho dato l'aspetto, il sorriso e l'energia della mia amica Peris di Nairobi. Lungo il romanzo, ognuno dei casi che risolve è il ritratto di un pezzetto d'Africa: il rapporto tra uomini e donne, tra potenti e gente comune, tra nazioni confinanti, tra bianchi e neri, tra progresso e stregoneria.

Mi riferisco all'Africa e non solo al Botswana, dove sono ambientate le avventure della detective, perché i confini che vediamo sulle mappe sono stati stabiliti a tavolino da chi non si è mai interessato o preoccupato di capire dove fossero quelli disegnati dalla natura e dai popoli che vivono laggiù, sono linee tracciate senza tener conto né di legami né di conflitti. Quando parli con la gente del posto – o leggi la storia di Precious  ti accorgi che i diversi popoli si riconoscono e definiscono per caratteristiche differenti, tratti fisici, caratteriali, accenti, gesti, tradizioni, un po' come le peculiarità regionali in Italia, eppure tutti si sentono africani come nessuno di noi si sentirà mai europeo.

Tra le righe della storia della Signora Ramotswe, l'autore racconta tutto questo con molta delicatezza e ironia, con un linguaggio semplice, quasi da fiaba, ma molto preciso. È riuscito a coinvolgermi in riflessioni che, da una frase di due righe, sono straripate dal libro e mi hanno tenuta impegnata per ore, anche nei sogni notturni.
Vorrei che questo libro non fosse mai letto da persone superficiali, poco sensibili o povere d'immaginazione perché la sua bellezza sta nello scorrere delle parole e nei colori, anche nei passaggi in apparenza banali.
Mi è piaciuto tanto che ho già cominciato a leggere il secondo romanzo della serie  cosa insolita per me che amo alternare i generi – Le lacrime della giraffa. Si vede che non ero ancora pronta a lasciare il Botswana e la mia nuova amica Precious.

Avrei potuto scrivere un post di sole citazioni dal libro, avrei anche potuto scegliere solo questa, il padre di Precious che ricorda gli anni trascorsi a faticare nelle miniere in Sudafrica, ma sono una chiacchierona e per leggerla siete dovuti arrivare fin qui. Oppure cominciate a leggere il libro.
«Ci hanno insegnato il fungalo, il linguaggio usato per dare ordini sottoterra. È una lingua strana. Gli zulu ridono quando la sentono, perché contiene moltissime parole zulu ma non è zulu. È un linguaggio che va bene per dire alla gente cosa deve fare. Vi sono molte parole per spingere, prendere, spostare, trasportare, caricare e nessuna per amore, o felicità, o per i versi che gli uccelli fanno al mattino.»


venerdì 8 dicembre 2017

Alberi, stelle, parole

«Guardiamo gli alberi, e li chiamiamo alberi, dopo di che probabilmente non pensiamo più alla parola. Chiamiamo una stella stella, e non ci pensiamo più. Ma bisogna ricordare che queste parole, albero, stella, erano (nella loro forma originaria) nomi dati a questi oggetti da gente con un modo di vedere diverso dal nostro. Per noi un albero è, semplicemente, un organismo vegetale, e una stella semplicemente una palla di materia inanimata che si muove lungo una rotta matematica. Ma i primi uomini che parlarono di alberi e di stelle vedevano le cose in maniera del tutto differente. Per loro, il mondo era animato da esseri mitologici. Vedevano le stelle come sfere di argento vivo, che esplodevano in una fiammata in risposta alla musica eterna. Vedevano il cielo come una tenda ingioiellata, e la terra come il ventre dal quale tutti gli esseri viventi sono venuti al mondo. Per loro, tutta la Creazione era intessuta di miti e popolata di elfi.»


John Ronald Reuel Tolkien


lunedì 20 novembre 2017

Abbiamo l'obbligo

«Abbiamo un obbligo noi scrittori, e soprattutto noi scrittori per bambini. L’obbligo di scrivere cose vere, particolarmente quando creiamo storie di persone che non esistono in luoghi immaginari: per far capire che la verità non è ciò che accade ma ciò che ci dice qualcosa su ciò che siamo. Dopotutto, la narrativa è una bugia per raccontare la verità. E mentre dobbiamo dire ai nostri lettori cose vere, e dare loro armi e armature, e trasmettere quel poco di saggezza che abbiamo guadagnato nella nostra breve esistenza, abbiamo l’obbligo di non fare la predica o la ramanzina, di non spingere giù a forza nella gola dei nostri lettori bocconi premasticati di moralità, come fanno gli uccelli quando danno le larve ai loro piccoli.»

«Abbiamo l’obbligo di usare la lingua. Per metterci alla prova, per scoprire cosa le parole significano e come utilizzarle per comunicare chiaramente. Non dobbiamo provare a congelare il linguaggio, a farne una cosa morta e da riverire. Dobbiamo usarlo come una cosa viva, che scorre, e permettere ai significati di cambiare con il tempo.»

«Ad Albert Einstein fu chiesto una volta come fosse possibile rendere i bambini più intelligenti. La sua risposta fu semplice e geniale: “Se volete che un bambino sia intelligente leggetegli delle favole. Se volete che diventi più intelligente, leggetegli più favole”. Aveva capito il valore della lettura e dell’immaginazione. Spero che potremo dare ai nostri figli un mondo in cui leggeranno, e saranno letti, e immagineranno, e capiranno.» 

Neil Gaiman, 14 ottobre 2013












Aggiungo io: chi vuol diventare uno scrittore professionista, deve avere un'etica professionale. Significa avere rispetto per la scrittura e rispetto per chi legge.
Non esistono giustificazioni alla banalità, alla scarsa cura dello stile, alla mancanza di ricerca. Un professionista non punta alla sufficienza, deve spingersi al di sopra della media, in ogni campo. Anche nei contratti per la ristrutturazione di un bagno si specifica che il lavoro dev'essere eseguito a regola d'arte. A regola d'arte. Arte.





venerdì 10 novembre 2017

Si può sempre fare meglio

«La capacità di essere autocritici è una grande risorsa. Per questo scrivo i miei testi a mano, perché scrivendo a mano è molto più facile inserire, tagliare, correggere, cancellare. I miei testi, soprattutto quelli dei libri, sono un groviglio di cancellazioni, rifacimenti e "fumetti" da inserire che da vent'anni Barbara Ferranti, copista eccezionale, riesce a decifrare, consegnandomi in un attimo una copia perfetta.
Ma soprattutto ho capito da subito che bisogna documentarsi bene, prima di scrivere qualunque cosa. In questo mestiere, che porta ad avere una visibilità così forte, non si può sbagliare: gli errori non vengono perdonati e rimangono incollati alla propria immagine come un cartellino.
Il consiglio che posso dare ai giovani è: nel vostro lavoro, qualunque esso sia, puntate all'eccellenza. Si può sempre fare meglio: farsi venire un'idea nuova, leggere un libro in più, scoprire un nuovo dato, migliorare una presentazione. Non accontentatevi...
Queste cose mi sono state estremamente utili quando, molto più tardi, ho cominciato a fare divulgazione scientifica. Divulgare infatti vuol dire, in pratica, tradurre dall'italiano in italiano, dicendo le stesse cose in modo chiaro. Un lavoro non sempre facile perché per poter spiegare bisogna prima aver capito bene.»

Piero Angela, Il mio lungo viaggio


venerdì 3 novembre 2017

Gattara

L'amica Feddi ha da poco terminato un corso di "Consulente della relazione felina" (sì, esiste) che le interessava per via del suo lavoro al gattile comunale.
Mi ha inviato questo estratto da uno dei libri di testo sui quali ha studiato, La mente del gatto di Bruce Fogle, e voglio condividerlo con voi.

«Durante la guerra del Vietnam, qualche intelligentone che quasi sicuramente possedeva dei coon hound, e che non aveva mai dato un ordine a un gatto in tutta la sua vita, decise che l'esercito avrebbe dovuto provare a utilizzare i gatti come guide notturne per i soldati. Dopotutto, deve essersi detto, i cani hanno ottimi sensi e li utilizziamo per fiutare materiale militare. I gatti hanno un'ottima vista notturna, perciò dovremmo usare anche loro. Dimenticò, o forse non l'aveva mai saputo, che addestrare i gatti è facile – finché si sceglie qualcosa che si divertono a fare. In questo programma i gatti vennero forniti di bardature e venne detto loro di condurre i soldati attraverso la giungla, di notte. Dopo mesi di manovre notturne, venne trasmesso un rapporto; eccone alcuni brani:
Una squadra, a cui era stato ordinato di partire, è stata condotta dai gatti in direzioni totalmente diverse... In molte occasioni gli animali hanno guidato di corsa le truppe nella folta boscaglia all'inseguimento di topi di campagna e uccelli... Le truppe han dovuto costringere i gatti a seguire la direzione della pattuglia... Spesso l'esercitazione portava gli animali ad appostarsi e attaccare le cinghie pendenti dello zaino del soldato che marciava direttamente davanti all'animale... Se il tempo era inclemente o se anche solo minacciava di potersi mettere al brutto, i gatti non si trovavano mai da nessuna parte.»

Chi vive con un felino sta sicuramente ridendo come me, immaginando i gatti che giocano con le cinghie degli zaini e che guidano le truppe all'inseguimento di topi.
L'autore è un veterinario e il libro si apre con un'introduzione che è una sincera ammissione dell'incapacità umana di capire i gatti, forse gli animali in genere, ma i gatti in particolare:
«Lasciatemi dire innanzitutto che non esiste alcun modo che consenta di scrivere sui gatti e di essere al tempo stesso ritenuti persone sensate e assennate.»
Ecco, mi andava di pubblicare questo post perché mi conoscete come viaggiatrice e scrittrice, ma sono anche gattara. E un sacco di altre cose più o meno evidenti.
Miao a tutti.

giovedì 19 ottobre 2017

Simona c'è, ma non si vede

Per chi non mi segue su Facebook, ma solo al supermercato, pubblico anche qui un aggiornamento sulla mia apparente sparizione dalla rete.
Fa tenerezza quanto un social network si preoccupi quando non mi faccio sentire per qualche settimana.



martedì 26 settembre 2017

Fantascienza applicata

«Ero in Cina nel 2007, alla prima convention assoluta sulla fantascienza e il fantasy approvata dal Partito nella sua storia. Ad un certo punto ho preso da parte un funzionario e gli ho chiesto “Perché? La fantascienza è stata ufficialmente messa all’indice per tanto tempo. Cosa è cambiato ora?”. E lui mi ha detto che la risposta era era semplice: “I cinesi erano eccellenti nel replicare una cosa se un’altra persona gli avesse portato il progetto. Ma non innovavano e non inventavano. Non avevano immaginazione. Allora hanno mandato una delegazione negli Stati Uniti, alla Apple, alla Microsoft, a Google, e hanno chiesto alle persone lì, a quelle che progettavano il futuro. Così hanno scoperto che tutte loro avevano letto fantascienza quando erano ragazzi».

Neil Gaiman 14 ottobre 2013

sabato 16 settembre 2017

Lorenzo è in Florida

Siccome teneva molto a mandarvi... i suoi saluti, Lorenzo mi ha inviato un po' di foto dalla Florida. 
Dice che del passaggio di Irma si notano solo i resti di qualche palma spezzata lungo le strade (gli avevo detto che quelle sono zone ricche, mica New Orleans), ma ora c'è il sole e lui si diverte. 



Ah, la valigia è arrivata col suo stesso volo, strano, dev'esserci stato qualche disguido a Fiumicino.
Insomma, la sua vacanza on the road procede nel migliore dei modi, buon per lui e meno per me che speravo in qualche colpo di scena da raccontarvi. Però, a pensarci bene, non mi ha detto in che anno si trova...






domenica 10 settembre 2017

Romanticissima me

Raggiunto il traguardo del millesimo post, Helgaldo smette di pubblicare. Comprendo e sostengo la sua scelta, ma per me privare la rete di Dadovestoscrivendo è come togliere John Belushi da questa scena. Sono una romantica, che posso farci?




giovedì 7 settembre 2017

Lorenzo va in Florida

Lorenzo ha prenotato un volo Alitalia per Miami con il giusto anticipo per risparmiare sul biglietto. Peccato che da Milano debba fare scalo a Roma e gli è stato detto che in genere non si fa in tempo a prelevare i bagagli dai voli in arrivo da Linate per caricarli sulla coincidenza per Miami.
«Rimanga nei pressi dell'aeroporto, il giorno dopo, la valigia, le arriva di sicuro.»
«Mi prende in giro?»
«Guardi, metà settembre è ancora estate, il personale è ridotto. Sa com'è.»
Il giorno dopo ha scoperto che c'era un volo American Airlines da Malpensa, tra l'altro più comodo da raggiungere da casa sua, diretto per Miami, ma la sua prenotazione non era rimborsabile.

Quando, durante una pausa caffè, ha annunciato che sarebbe andato in Florida a metà settembre, gli ho fatto notare che da quelle parti è stagione di uragani. E qui mi sono spesa in spiegazioni sulle catastrofi naturali, con tanto di classi da tempesta tropicale a uragano di categoria 5, ho chiarito la differenza tra uragano, che nel Pacifico invece si chiama tifone, e tornado che è tutt'altra cosa, come una perfetta discepola di Piero Angela. In sostanza gli ho predetto che, oltre a ritrovarsi senza bagaglio, è probabile che si imbatta in un tempo pessimo, tuttavia, dal momento che ha intenzione di girare lo stato in macchina, potrà sempre evitare le zone più a rischio. Mi piaceva, però, immaginarlo come quei reporter con la mantellina gialla che svolazza nel vento a trecento chilometri orari e si aggrappano al microfono, raccontando ai telespettatori del peggior uragano del secolo, mentre alle loro spalle si vedono palme piegate fino a terra e onde alte dieci metri che superano i frangiflutti e si abbattono sulla strada. «Mandami un video così» l'ho pregato.

Pensandoci meglio, ci è anche venuto in mente che la rotta del suo aereo dovrebbe attraversare il famoso Triangolo delle Bermuda. Allora l'ho tranquillizzato: «Non importa se perdi la valigia e il meteo prevede l'uragano Katrina, tanto per una distorsione spazio-temporale atterrerai nel 1945» il che, per un grande appassionato di storia come Lorenzo, potrebbe perfino essere interessante.

C'è poi un altro potenziale problema: l'anno scorso Lorenzo è stato in Russia, o meglio, in Urss, come gli piace raccontare. Questo dettaglio, in clima di Russiagate, potrebbe non piacere al controllo passaporti americano, dove un agente parlerà all'orecchio del collega e poi si rivolgerà a Lorenzo con un serio: «Mi segua.»
«Posso prima ritirare il mio bagaglio?»
«Ha fatto scalo a Roma, non arriverà prima di domani.»

La pausa caffè è finita, si torna in ufficio e alla realtà.
«Vedrai che andrà tutto bene» gli dico «e non avrai niente di eccitante da raccontarmi al tuo ritorno. Che palle!»
Lorenzo mi fa un gestaccio. No, non è vero, è molto educato, aspetta sempre che gli dicano «Avanti» quando bussa a una porta.

Penso che si troverà bene in Florida, nel 1945.

Comunque intanto passa Irma...

martedì 5 settembre 2017

Saggezza Topolare

«Non sono diventato Paperon De' Paperoni intralciando chi era più rapido di me! Mi sono impegnato per essere il più veloce!»

Zio Paperone e le molecole in affitto, Topolino n.3195


sabato 15 luglio 2017

Chiuso per lavori

Sospendo gli aggiornamenti del blog, già molto rallentati negli ultimi tempi, per concentrarmi sull'ultimo volume di Legione. Godetevi serenamente le vacanze, mentre lavoro per voi. Al ritorno, potreste trovare una sorpresa che allevierà un poco la malinconia dell'estate che finisce. Arrivederci a quando cadranno le foglie.
Buone ferie, lettori!


giovedì 6 luglio 2017

Frammenti di Legione - Destino

«Vedo soltanto i fili rossi tessuti dal destino in una ragnatela di possibilità» disse muovendo le dita nell'aria «Intrecci e nodi cambiano con le decisioni che prendiamo e posso osservare le conseguenze di ogni singola scelta. Nelle mie visioni, la storia si riscrive in continuazione, conducendo a finali diversi. La differenza tra Gabriel e me è che lui sapeva quale strada avrebbe preso l'umanità a ogni bivio, conosceva l'unico finale reale tra quelli possibili.» 

Legione 4


Antonio Renna, illustrazione per Gabriel

lunedì 3 luglio 2017

Amore #1

«L'amore è quella cosa che tu sei da una parte, lui da un'altra, e gli sconosciuti si accorgono che vi amate. Chest'è.»

Massimo Troisi


giovedì 29 giugno 2017

Occhi

Succede che per giorni nessuno mi guardi negli occhi. All'inizio, credevo fosse una mia impressione, di quelle cose che pensi e ti chiedi come mai ti vengono certi pensieri. Ci ho fatto caso per qualche giorno: di tutte le persone che ho incontrato, nessuna mi ha guardato negli occhi. E per guardarmi negli occhi non intendo solo fisicamente, capisco quando qualcuno mi scrive un messaggio, una mail o mi telefona e mentre mi parla non mi sta guardando negli occhi. Ho trovato un motivo per ogni persona e per ognuna saprei dire esattamente dove guarda, mentre mi scrive, mi parla o mi ascolta, se sta ascoltando. Non mi sto lamentando, anzi, gli occhi servono per le cose importanti. Capita, però, che mi si dicano cose importanti guardando altrove, forse per poca convinzione, per insicurezza, per senso di colpa, oppure perché non sono cose del tutto vere, non proprio bugie, ma nemmeno pura verità così come sgorga dal cuore. 
Comunque, non lo capisco grazie a un super potere o chissà quale sensibilità speciale: è che anch'io qualche volta abbasso gli occhi.

Be', pensavo questo e mi chiedevo come mai mi vengono certi pensieri. Forse andrebbero nella pagina di annotazioni di Helgaldo.



mercoledì 21 giugno 2017

Frammenti di Legione - Egoismo

«A volte, l'egoismo è l'unica forma d'amore che rimane. Non è togliere amore agli altri, è amarsi come gli altri non sanno fare. A volte.»

Legione 4 

Antonio Renna, illustrazione per Maya


Trovate le illustrazioni per i volumi precedenti nella galleria.

lunedì 19 giugno 2017

Riflessione in parallelo

Tutti i difetti del nostro romanzo-capolavoro nella recensione di una serie tv. 
Giochiamo a sostituire la serie con la carriera di scrittore, l'episodio pilota con il romanzo d'esordio, i minuti con le pagine, gli attori con i personaggi, gli effetti speciali con lo stile, l'investimento in denaro con l'investimento in studio e impegno, e così via.
Poi facciamo del nostro meglio perché non si parli mai in questo modo di ciò che scriviamo.

«Non mi capita spesso di piantare lì un pilot prima della fine.
Voglio dire, che vuoi che siano quaranta minuti a fronte dei quaranta e passa episodi che vedo ogni settimana? Ti vedi il tuo bel pilot, lo recensisci, se t’è molto piaciuto vai avanti, se t’è piaciuto così così vai avanti lo stesso (si sa mai), se ti ha fatto schifo lo molli. Però insomma, il pilot te lo vedi tutto.
Ecco, Olympus, nuova serie epico-mitologica di SyFy, è riuscita dove altre hanno fallito: al minuto 33 ho detto basta.
Intendiamoci, non che SyFy sia una garanzia di qualità, le capita abbastanza spesso di toppare. Allo stesso tempo, però, ha anche le sue cosine carine tipo Z Nation e 12 Monkeys, e non le saremo mai grati abbastanza per Battlestar Galactica.
Ma Olympus no. Olympus non è neanche “brutta”, Olympus è “impresentabile”, che è molto diverso. È la differenza che passa tra cercare di creare un buon prodotto fallendo nel tentativo, e non rendersi conto che TUTTO quello che si sta facendo conduce inesorabilmente al fallimento.
Ho provato vero imbarazzo nel seguire quei 33 minuti. Ho pensato alle persone che lavorano alla serie, le ho immaginate tornare a casa alla sera, di fronte allo sguardo compassionevole del coniuge, e scoppiare a piangere dicendo “cosa ho fatto?”. Ho pensato al fatto che c’è chi ha speso dei soldi per fare questa cosa (comunque pochissimi) pensando davvero che qualcuno potesse dire “be’, bello”.
E ovviamente qualcuno c’è, perché se andate sulla pagina imdb della serie vedrete che un tot di persone hanno messo voti altissimi. Ma uno sguardo più attento ci mostra che sono tutte e solo ragazze sotto i diciotto anni. Cosa che comunque non mi spiego mica tanto bene, e mi inquieta anche un pochino in termini di futuro dell’umanità.
Scusate, non vi ho ancora detto di cosa parla.
In pratica c’è un giovane eroe che si chiama Hero (perché la chiarezza è importante) che all’inizio del pilot combatte contro un ciclope (il cui design, per lo meno su carta, è l’unica cosa dell’episodio che forse si salva). Lo combatte perché deve salvare una tizia, un oracolo, che poi deve riportare indietro per farsi dire delle cose, farsi aiutare con qualcosa, boh, salcazzo.
E mentre tornano indietro vengono aggrediti da due tizi assoldati all”Esselunga (e se non li hanno assoldati lì, per lo meno è lì che hanno preso i vestiti): il nostro eroe ne uccide uno, l’altro scappa e poi si scopre che è il fratello dell’oracolo. Dell’amico morto frega già niente a nessuno.
Nel frattempo vediamo altra gente, ad Atene, che si prepara per battaglie epicissime.
Il problema è che anche questi scampoli di trama sono difficili da assorbire, perché mentre la vicenda si dipana voi siete distratti dal sangue che vi esce dagli occhi.
Gli attori sono cani. Oh, ci sta, può capitare. Cioè, li hai scelti tu, non è certo colpa mia se poi ti devo insultare, ma vabbe’. Il protagonista Tom York è espressivo come un cappotto, sembra un Clark di Smallville molto più incapace, e già Tom Welling non era esattamente da oscar. Magari può pure essere considerato belloccio, ma davvero non ti ci faresti nemmeno servire l’aperitivo, penseresti che non ne è in grado.
E lui è tipo il più bravo.
Tutta la storiella è poco interessante, e si vede chiaramente il tentativo di scrivere uno show che, come altre serie contemporanee, metta insieme spunti presi da ogni dove. Da Once Upon a Time a Game of Thrones, seppur in modi diversissimi, molti telefilm giocano con i generi e con i personaggi, assecondando certe regole e infrangendone altre. Un metodo molto metatestuale che spesso funziona. Qui invece bastano quattro minuti perché della vita e della sorte di Hero non ce ne freghi assolutamente nulla, perché abbiamo la chiara percezione che se lui morisse non cambierebbe niente a nessuno.
Ma fin qui siamo ancora nell’ambito del brutto. Attori cani che recitano dialoghi spompi dentro trame poco interessanti: siamo effettivamente nel regno della bruttezza.
Ma questo è niente. Olympus diventa impresentabile quando le cose epiche vuole farle “vedere”. Siamo in una serie che parla di antichi eroi, dèi poderosi, mostri famelici ed eserciti in tanga. Insomma, sono cose che richiedono un certo livello di effetti speciali, una regia di un certo tipo. Tutt’intorno, nel resto del mondo cine-televisivo, ci sono i draghi di Game of Thrones, c’è 300, c’è pure Ray Palmer che fa Iron Man in Arrow. Insomma, il livello visivo delle serie cresce, bisogna starci dietro.
Da questo punto di vista, Olympus fallisce ogni volta che può.
Ogni.
Volta.
Sembra Hercules del 1995, ma neanche, almeno Hercules andavano a girarlo al parco e così avevano gli esterni. Qui è tutto un green screen evidentissimo, come quando si andava a Gardaland a farsi i video sul tappeto volante: ventimila lire e via, sei Aladino. Facevi anche finta di indicare un punto del suolo, laggiù in basso, quando in realtà indicavi le scarpe dell’addetto alla macchinetta, che alle undici del mattino ne aveva già pieni i coglioni dei bambini che gli indicavano le scarpe facendo finta che fossero casa loro vista dall’alto. Ma comunque era una cosa che facevi vedere a tua zia, non la mandavi in onda in tv. Se la fai vedere a tua zia sei tenero, se la mandi in onda sei imbecille.
Praticamente tutte le inquadrature di Olympus gridano vendetta. Una pochezza di mezzi e di idee che mette francamente a disagio. Una sensazione già non positiva, che viene ulteriormente acuita da alcuni momenti di spudorata copia: ad esempio quei ralenty simil-Spartacus, in cui però lo sfondo continua a essere disegnato coi pastelli a cera.
Ecco, magari se vai dai produttori di sta roba e glielo chiedi, ti dicono pure che sono tutte scelte stilistiche, insomma volute. E tu ridi, ridi, ridi…
Alla fin fine, cercando di recuperare un po’ di compostezza dopo che questi marrani mi hanno strappato 33 minuti di vita, credo che il problema di fondo sia uno: per fare Olympus hanno speso ventisei euro a episodio. No, non è un dato ufficiale, è una mia personale stima. Perché di certo manca la creatività e mancano gli attori e manca tutto, ma è davvero inaccettabile che una rete importante come SyFy si presenti al pubblico con una cosa che sembra un progetto scolastico delle medie girato col cellulare di due generazioni fa.
Eddai su, io sono anche uno a cui non piace infierire, però cazzo, la dignità è una roba importante.» 

Diego Castelli per Serial Minds, 2015

giovedì 15 giugno 2017

Leggere con i bambini

Mamma Elisa: «Vedi? Qui il bambino si è fatto la bua. Ci sono tanti modi per consolarlo: un abbraccio, un biscotto, un cerotto... E a te, Penelope, cosa serve quando ti fai la bua?»
Penelope, tre anni: «Mi serve che mi passi.»

Gli scrittori a ricamare una storia di dolore e poi abbracci, biscotti e cerotti che lo fanno passare. Lei, chiara, logica, efficace, di ricamato ha solo il nome sul bavaglino.



martedì 13 giugno 2017

Cosa ho letto in viaggio

Nei tre mesi che ho trascorso parlando, e col tempo anche pensando, tutto il giorno in inglese o nel mio scarso indonesiano, la sera mi veniva una gran voglia di leggere in italiano. Se c'era la possibilità di connettermi a Internet, cominciavo dai blog e dalle discussioni sotto i post anche se mi trovavo nel fuso orario sbagliato per partecipare; poi leggevo notizie sul resto del mondo, solitamente sul sito di Internazionale; ma soprattutto entravo nella biblioteca invisibile del mio Kindle.

Mi accorgo ora, nel parlarvi di cosa ho letto, che mi sono dedicata a libri di scrittori stranieri, perciò tradotti e non pensati in italiano. Nell'elenco avevo a disposizione anche italiani puri, ma come faccio sempre ho scelto in base all'estro del momento e non al nome dell'autore. Alla fine ho letto un saggio, un romanzo, un racconto e un libro per ragazzi. Qualcuno dirà che è poca roba in tre mesi, ma io leggo senza fretta e mi addormento con in testa tutte le riflessioni che un buon libro riesce a darmi in poche pagine, e sono stata fortunata nella scelta perché ognuno di questi mi ha dato, a suo modo, da pensare. Come sempre, non mi soffermerò sulle trame che potete trovare ovunque, ma vi darò mie impressioni.

Collasso. Come le civiltà scelgono di morire o vivere di Jared Diamond
Come ogni saggio, un libro del genere si affronta solo se il tema ci appassiona e su di me le indagini archeologiche, geologiche, ambientali, culturali sulla storia dell'umanità hanno l'effetto di un romanzo d'avventura. Il bello di questo libro sono i continui accostamenti al presente che avvicinano situazioni e vicende antiche alla nostra realtà attraverso errori ripetuti per lezioni dimenticate. La lettura mi è parsa scorrevole, forse perché non è il primo saggio del genere che leggo, ma anche i passaggi più tecnici sui dati e gli studi scientifici sono esposti con chiarezza e con uno stile che non annoia. È una ricerca interessante che analizza il fallimento o il successo delle civiltà prese in esame considerando cinque fattori chiave (gestione delle risorse disponibili, mutamenti climatici, rapporti con popolazioni confinanti, relazioni con popoli ostili, capacità politica e culturale di affrontare una crisi) e il peso che ognuno ha avuto o meno nella loro storia, la nostra storia. Un pensiero che mi sono portata a letto? L'immagine dell'abitante dell'Isola di Pasqua che tagliò l'ultimo albero.

Factotum di Charles Bukowski
Nelle vesti del suo alter ego Henry Chinaski, lo scrittore si presenta come il peggior tipo di essere umano: pigro, alcolizzato, irresponsabile, senza ambizione. Bukowski parla, scrive, come mangia e con le pagine si pulisce la bocca, poi rutta. Non vuole insegnare, racconta soltanto, ma così insegna. Entrando nella vita di Henry, giorno per giorno, attimo per attimo, si sperimentano brutte sensazioni, è una vita senza scopo, sporca, incerta, misera e abbastanza disgustosa. Ma dentro si nascondono pensieri conosciuti da tutti e mai ammessi, e quando ci accorgiamo che sono vicini a certi nostri momenti, be' miei almeno, ne proviamo vergogna. Eppure, in quel fondo che non vorremmo mai toccare, brillano scintille di poesia, sfacciate quanto il resto. Scrittura semplice e intelligente, l'ho apprezzato tantissimo.

Il guardiano del faro di Henryk Sienkiewicz
Questo è un racconto lungo conosciuto grazie a un post sul blog Da dove sto scrivendo e mi è parso da subito il mio genere di lettura. Infatti, mi è piaciuto molto, anche se alcuni concetti potevano essere rimarcati una volta di meno. Lo stile è perfetto per la storia (o è il contrario?) e il fatto che me lo aspettassi com'è non ha reso la lettura meno piacevole, era quello che desideravo e l'ho ottenuto. Mi sono un po' rivista nel protagonista che cerca la solitudine per guardare da lontano la vita che ha vissuto. Lui desidera pace e stabilità dopo aver tanto lottato col destino, io sto ancora lottando, ma comprendo il bisogno di fermarsi ogni tanto e osservare soltanto. C'è poi una sensazione che, con le dovute proporzioni rispetto alla scena narrata nel racconto, ho provato in prima persona: l'emozione, a cui accennavo sopra, di leggere nella propria lingua dopo averne parlate tante straniere. Non mi sbagliavo, è stata una lettura adatta a me.

Sette minuti dopo la mezzanotte di Patrick Ness
Ho scoperto a lettura ultimata che da questo libro è stato tratto un film, ma tanto è sempre meglio il libro. L'ultima volta che ho letto un romanzo per ragazzi sono rimasta abbastanza delusa, ma è un genere che spesso mi ha regalato titoli per la lista dei preferiti e non considero narrativa di serie b solo perché rivolta a un pubblico giovane. Il bello di Ness è che scarta con abilità e delicatezza tutte le soluzioni più ovvie, mi ha fatto credere di intuire il passo successivo riconoscendo un cliché per poi sorprendermi scardinandolo. Purtroppo la scrittura – o la traduzione, dovrei rileggerlo in lingua originale per giudicare – è andata peggiorando proprio nel momento più intenso e toccante della trama. Il cuore del lettore, catturato con maestria e portato al punto più alto di coinvolgimento, subisce una brusca frenata: la scena madre è tirata troppo per le lunghe, la frase chiave, rivelatrice del significato dell'incubo vissuto dal protagonista, è ripetuta più volte con l'effetto di smorzarne il potere. Può darsi che dipenda dal lettore tipo, un adolescente, nella mente dello scrittore, forse un ragazzo ha bisogno di sentirlo raccontare in quel modo, mentre a un adulto, con più esperienza e malizia, basta qualcosa in meno per capire. In ogni caso, molto bello.

venerdì 9 giugno 2017

A proposito di verità

«Le cose non devono essere accadute per essere vere. Le storie e i sogni sono le verità-ombra che perdureranno quando i meri fatti saranno polvere e cenere. E dimenticati.»

Neil Gaiman


mercoledì 7 giugno 2017

Legione e onestà

Una conversazione virtuale con Fabio di Librinviaggio mi ha dato lo spunto per informarvi sul futuro di Legione

Lo scambio di battute che vedete nell'immagine è nato da questa sua recensione e mi ha dato conferma della correttezza di una decisione che ho maturato negli ultimi mesi riguardo la mia serie di romanzi: il prossimo libro sarà l'ultimo.

Sì, quella che doveva essere una serie di cinque si è trasformata in una quadrilogia, e ve ne spiego il motivo. Ogni romanzo di Legione è autoconclusivo, ma il filo che lega ogni trama è la storia dell'organizzazione segreta della quale fanno parte tutti i protagonisti. Quella storia ha un finale nella mia testa fin dal primo libro e nella trama di ogni episodio ho seminato dettagli che conducono a un'unica grande conclusione nella quale le singole vicende assumono un senso più ampio, ognuna prende il proprio posto in un panorama visto dall'alto.

Nell'ultimo anno ho lavorato contemporaneamente al quarto e quinto volume che, ambientato nel futuro, racconta un mondo nuovo, conseguenza e risultato delle vicende narrate nei precedenti e così compone quel panorama visto dall'alto. Chi ha letto i primi tre libri conosce la struttura di questi romanzi: i capitoli alternano il presente del protagonista e il passato dell'organizzazione che influisce sulla trama principale. Durante la stesura di questi ultimi due, però, mi sono resa conto che stavo tagliando molti capitoli del quarto per usarli come flashback del quinto. Non volevo anticipare al lettore informazioni che andavano rivelate nell'episodio finale, ma così facendo la trama del quarto risultava impoverita al punto che mi sono trovata a un bivio: aprire nuove sottotrame nel passato oppure fondere i due episodi che, in fondo, nascevano già legati tra loro in maniera più evidente rispetto ai precedenti. Ho scelto la seconda via perché, tornando al discorso con Fabio, è la più onesta. Stavo spezzando in due volumi una trama che si presentava spontaneamente unica e, al di là della stonatura che infastidiva me per prima, non c'era motivo di far uscire due libri annacquati al posto di uno saporito. 

Gli esperti di marketing si staranno strappando i capelli: perché vendere un libro quando potresti venderne due? Perché io non faccio marketing, io scrivo. E non ho un editore che mi imponga di produrre un certo numero di libri in un certo periodo che io sia ispirata o meno, come credo sia accaduto all'autore che ha deluso Fabio. Io scrivo e non vorrei mai che un giorno un mio lettore si sentisse preso in giro in quel modo. 
Perciò vi mostro la bozza di copertina di Maya che sarà il quarto e ultimo libro della serie e vado a finire di lavorarci. State tranquilli: non vi annegherò in un brodo allungato e insapore se posso servirvi un piatto gustoso. Vi avviso quando è pronto in tavola.


lunedì 29 maggio 2017

Soddisfazioni personali

Diciamo sempre di farlo per noi stessi, ma la spinta più forte a realizzarci è la presenza, tra il pubblico, di qualcuno che non vogliamo deludere.

venerdì 12 maggio 2017

Sto leggendo...

«Le storie sono creature selvagge e indomite, continuò il mostro. Quando le liberi, chi può sapere quali sconvolgimenti potranno compiere?»


mercoledì 3 maggio 2017

Libertà e pace


Libertà è scrivere tutto. 
Non trattenere le parole, lasciar andare sulla carta ogni pensiero e sentimento, dar forma a ogni sogno e fantasia.

Pace è non farsi leggere. 
Non pubblicare mai il proprio libro più importante, non spedire lettere a chi non vuole riceverle, lasciar bruciare ogni pagina di nascosto in fondo al cuore.

venerdì 21 aprile 2017

Auguri a me da me

Ho programmato questo post tempo fa perché fosse pubblicato automaticamente il giorno del mio compleanno. Per fare le cose in grande, l'ho fatto in stereo, infatti lo trovate uguale sull'altro blog
È un po'come spedire un biglietto d'auguri a me stessa, un biglietto di quelli esposti nelle cartolerie. Ne ho scelto uno con una poesia di Hemingway sul frontespizio.

Tu non sei i tuoi anni,
né la taglia che indossi,
non sei il tuo peso
o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome,
o le fossette sulle tue guance,
sei tutti i libri che hai letto,
e tutte le parole che dici
sei la tua voce assonnata al mattino
e i sorrisi che provi a nascondere,
sei la dolcezza della tua risata
e ogni lacrima versata,
sei le canzoni urlate così forte,
quando sapevi di esser tutta sola,
sei anche i posti in cui sei stata
e il solo che davvero chiami casa,
sei tutto ciò in cui credi,
e le persone a cui vuoi bene,
sei le fotografie nella tua camera
e il futuro che dipingi.
Sei fatta di così tanta bellezza
ma forse tutto ciò ti sfugge
da quando hai deciso di esser
tutto quello che non sei.

Quello che invece mi sono scritta all'interno del biglietto è una cosa tra me e me :)

venerdì 14 aprile 2017

Il cartello triste del giorno




Il prezzo della noce di cocco più caffè, invece, è ottimo.

giovedì 6 aprile 2017

Polemica breve

Questa faccenda dei libri che vanno fuori catalogo in pochissimo tempo mi fa impazzire. Se proprio le case editrici non vogliono tenersi copie in magazzino perché rappresentano un costo, e lo capisco, potrebbero almeno rendere i titoli disponibili in ebook che non costa nulla.

lunedì 3 aprile 2017

Che tempo (verbale) fa




«E il sole tornò a splendere come non aveva mai... spleso... splenduto... Piove.»




Tra post sui social network e messaggi sul telefono, che per me è ancora soprattutto un telefono, mi arrivano vagonate di idiozie. Questa, però, mi ha fatto ridere tanto.


P.s. Splenduto è il participio corretto.

martedì 28 marzo 2017

Il ritmo nella scrittura

«Questa frase ha cinque parole. Ecco qui altre cinque parole. Frasi di cinque parole funzionano. Ma molte insieme diventano monotone. Ascoltate bene cosa sta accadendo. La scrittura sta diventando noiosa. Suona come un ronzio meccanico. È come un disco rotto. L'orecchio richiede più varietà.
Ora ascoltate. Cambio la lunghezza della frase e creo musica. Musica. La scrittura canta. Ha un ritmo piacevole, una cadenza, un'armonia. Uso frasi brevi. E uso frasi di media lunghezza. E qualche volta, quando sono sicuro che il lettore è rilassato, lo impegno con una frase di considerevole lunghezza, una frase che brucia energia e si sviluppa con l'impeto di un crescendo, il rullare dei tamburi, il crash dei piatti, sembra che chieda di prestare attenzione perché è una cosa importante.
Quindi scrivete combinando frasi brevi, medie e lunghe. Create una melodia che soddisfi l'orecchio del lettore. Non limitatevi a scrivere parole. Scrivete musica.» 

Gary Provost, autore di 100 ways to improve your writing (100 modi di migliorare la vostra scrittura)

Nota di Simona
Non ho questo libro, non so se esista in italiano, non avevo idea di chi fosse questo Provost finché in rete non sono incappata in questa immagine - l'uso dei diversi colori riprende il messaggio - e ho pensato di condividerla con voi. La traduzione è mia, non è letterale perché è difficile rendere in italiano la prima parte di cinque parole. Se ho sbagliato qualcosa, segnalatemelo pure.

sabato 25 marzo 2017

Libri per gli orangutan


Conoscete tutti il mio amore per la natura selvaggia e gli animali perciò questa iniziativa non vi sorprenderà. 
In accordo con The Orangutan Project ho deciso di donare per sei mesi il 10% dei ricavi del mio libro “Di passaggio in Indonesia” a questa associazione che opera sulle isole di Sumatra e del Borneo per la salvaguardia della foresta pluviale e degli animali selvatici che vi abitano. 
La missione di The Orangutan Project è salvare questi bellissimi primati dall'estinzione, e ciò include, non soltanto la lotta al bracconaggio e il rilascio in natura di orangutan provenienti dalla cattività, ma tutto ciò che contribuisce a mantenere vivo e in salute l'ambiente in cui vivono: conservare l'habitat con progetti di riforestazione; sensibilizzare le comunità locali sull'importanza di preservare le foreste e trovare il modo di far convivere le loro esigenze con quelle della natura; incentivare il turismo sostenibile.

Fin dal mio primo viaggio in Indonesia, sono rimasta colpita dalla bellezza selvaggia dei suoi panorami naturali: spiagge bianche di corallo e nere di sabbie vulcaniche, scogliere e montagne, vulcani, laghi e laghi dentro vulcani, ma soprattutto le sue foreste così rigogliose, misteriose, piene di vita e leggende. Purtroppo, le ho viste ridursi di anno in anno per far spazio all'attività dell'uomo che raramente si svolge nel rispetto dell'ambiente. 

Mamma orangutan e cucciolo
Tra le altre isole, ho soggiornato anche in Borneo e Sumatra, dove vivono gli orangutan. Ho visitato parchi nazionali e centri di recupero per gli esemplari strappati al bracconaggio, al contrabbando di specie protette e alla cattività. Incrociare lo sguardo di un orangutan è qualcosa che riporta alle origini, che risveglia l'istinto perduto di appartenere alla terra.
Un paio di volte, nel 2010 e nel 2013, ho anche dormito in tenda nella giungla insieme ai ranger di due parchi nazionali e ho potuto osservare gli orangutan in libertà. Potete sfogliarne le foto a questi link:
Gunung Leuser National Park - Sumatra
Trekking nella giungla - Sumatra
Kalimantan - Borneo

Queste esperienze mi hanno fatto comprendere il grande lavoro dei dipendenti dei parchi, dei volontari e delle diverse associazioni perché è grazie a loro che ho potuto godere di tanta bellezza. Per questo vorrei ritrovarla a ogni mio viaggio e vorrei che la ritrovassero anche le generazioni future.
Io e un grosso orangutan
Oggi, che sono "tornata a casa" in Indonesia, ho contattato The Orangutan Project proponendo la mia idea di destinare a loro il 10% dei ricavi del mio libro, seppur pubblicato tre anni fa. Sono stati felici di autorizzarmi a usare il loro logo per promuovere questa iniziativa e  io sono felice di dare un piccolo contributo alla salvaguardia di questo angolo di pianeta che mi ha rubato il cuore. Adesso speriamo che lettori e viaggiatori ci sostengano acquistando il libro e spargendo la voce. Abbiamo deciso di provare per sei mesi, dal 1 aprile al 30 settembre, ma potremmo prolungare la collaborazione in caso desse i frutti che ci auguriamo. 

Se dunque progettate di visitare l'Indonesia e incontrare gli orangutan, oppure volete viaggiare in terre lontane restando in poltrona, oppure volete soltanto aiutarmi a sostenere una causa che mi sta molto a cuore, comprate "Di passaggio in Indonesia" e ci troverete consigli, avventure e disavventure di una viaggiatrice inesperta, ma appassionata che si è innamorata di un arcipelago strepitoso.


 libro  



giovedì 23 marzo 2017

Diverse voci

Non pare anche a voi che quando scrivo sull'altro blog la mia voce sia diversa?

Sono sempre io, ma a parlare è un lato di me che per la testa ha tutt'altro che la scrittura. Forse si tratta di quello scrivere di getto, quell'istinto di lanciare il messaggio senza preoccuparsi in anticipo della forma. Eppure non è un raccontare senza filtri perché penso a cosa raccontare e cosa omettere. Credo che la diversa voce dipenda dal diverso interlocutore: la “scrittrice” parla a un lettore, il suo lettore ideale, ma comunque uno sconosciuto; la viaggiatrice parla ai suoi amici rimasti a casa e qualche volta ad altri viaggiatori che, seppure sempre sconosciuti, sento più vicini di un ipotetico lettore dei miei romanzi.

Ha senso per voi? Oppure ho un disturbo della personalità?


Delirio, Bill Sienkiewicz per Neil Gaiman


martedì 14 marzo 2017

All'inseguimento della lucertola nera

Storiella fotografica da Bali - un click per ingrandire le immagini.


Dopo una colazione così abbondante che il pranzo diventa inutile, mi siedo in veranda con il taccuino per gli appunti, in attesa che si asciughi il pavimento della mia stanza appena pulita.


D'un tratto...

lunedì 6 marzo 2017

Dedizione

Come vi ho detto, sto dedicando questi primi giorni al lodge ad abituarmi al clima e al fuso orario (ho un'età e certi sbalzi mi stendono), scrivere, rilassarmi ed esplorare i dintorni. Sono ancora l'unica cliente, è bassa stagione, e mi godo tutto questo come se appartenesse solo a me.

Il richiamo della natura è forte. Passerei tutto il giorno a esplorare questo giardino che in pochi passi diventa foresta, con le creature che ci abitano e si muovono, cantano, corrono, volano, sospirano intorno a me. Lo vedo aspettarmi dietro le finestre, ma ho un romanzo da finire. Prima che cominci l'avventura vera, quella per cui mi trovo in Indonesia, ho bisogno completare ciò che è rimasto in sospeso nelle ultime settimane. In realtà non mi pesa, ho voglia di scrivere, mi piace e mi appaga, mi trovo anche nella situazione perfetta: isolata in un luogo stupendo. Mi chiedo dove mi troverò, invece, a scrivere il prossimo libro. Chi può dirlo? Per adesso m'impegno a terminare questo.

Qualche volta, confermo i vostri sospetti, mi concedo una passeggiata o una nuotata in piscina e ve ne parlerò sull'altro blog nei prossimi giorni. Per gran parte della giornata, però, rimango nella quiete della mia camera a lavorare, con una tazza di tè e gli appunti presi sui quaderni che mi porto sempre appresso. Quando mi siedo a questa bella scrivania, non sento più nemmeno il cigolio delle pale sul soffitto, non mi accorgo del sole che cala. Sono talmente concentrata che dimentico di mangiare e al ristorante ormai hanno preso l'abitudine di telefonarmi in camera per avvisarmi che è ora di cena. 
Grande dedizione, la mia e la loro.




sabato 4 marzo 2017

Bali writing


Questa è la mia scrivania a Bali. 
Dopo aver raccontato il mio arrivo sull'altro blog - è su quello che potete seguire il mio viaggio, qui c'è solo il mio alter ego di scrittrice - da oggi proseguo la stesura del quarto volume di Legione, anche perché alla notizia della mia partenza orde di lettori preoccupati, almeno otto persone, mi hanno scritto per essere rassicurati che la mia nuova vita non comprometta la conclusione della serie.
Tranquilli, qui ho la quiete e il tempo di accontentare voi e me che, distratta dai preparativi, ultimamente ho scritto davvero molto poco e ne ho una gran voglia. Perciò vi saluto e mi metto al lavoro.