lunedì 28 novembre 2016

Domanda apocalittica

Ormai ho bruciato il "calendario editoriale" e scrivo quando mi pare, tipo oggi.

Salvatore Anfuso ha pubblicato un post con l'incipit di un suo eventuale romanzo. Eventuale perché, prima di scrivere oltre, ha voluto valutare l'interesse del pubblico attraverso un sondaggio, sfruttando come campione i lettori del suo blog. 

La sua domanda iniziale era "La leggereste una storia così?", ma rispondendo al mio commento, ne ha posta una più interessante, quella che ho evidenziato in rosso.


Io ho già risposto, anzi, mi ci vedo proprio in un mondo disabitato, come in un episodio di Ai confini della realtà, sulla gradinata di una biblioteca con libri da leggere e scrivere in solitudine per l'eternità. Come in quell'episodio, però, probabilmente mi cadrebbero gli occhiali e le lenti andrebbero in frantumi prima di cominciare. 
Comunque, al di là dell'esempio estremo che mi ricorda "Ah sei vegana? E se ti rinchiudessero in una cella solo con un bistecca, moriresti di fame?", io non scrivo solo per pubblicare. Ho file e quaderni pieni di scritti che mi piace rileggere, che mi evocano ricordi e nuove fantasie. Scrivo sempre, scrivo tutto quello che mi passa per la mente. Qualcosa pubblico, qualcosa no.

28 commenti:

  1. Sono andata a curiosare il post ma sarà il sonno ma sinceramente, non sono riuscita a leggere l'incipit. Tralasciando il dettaglio, rispondo alla tua domanda.
    Io scrivo.
    Oltre al blog (dove alla fine, scrivo), mi piace creare storie e ne ho in lavorazione due che mi sto trascinando da molto. Il 99% della gente che mi conosce, non lo sa e va bene così.
    Se una persona vuole scrivere solo con l'intento di vendere allora deve farsi du domande. La risposta però gliela fornisco io. Cambia lavoro/passatempo.
    Scrivere è come gestire un blog. Lo si fa per il proprio piacere e non per avere un seguito. Se si fanno queste cose per cercare approvazioni allora mancherà sempre qualcosa al proprio lavoro. Il cuore.
    Quindi a questo personaggio, voterei un bel "vai a zappare" (unico dettaglio che ho letto!)

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    1. Cara Noemi, io di te leggerei “Guida ai peggiori libri che abbia mai letto” perché le tue stroncature sono epiche, è proprio quando col tuo bel faccino fai critiche feroci che esce il meglio di te! Sarei davvero curiosa di leggere ciò che scrivi al di fuori del blog.

      A Salvatore non manca il cuore, ma vuole sfruttarlo a fini di lucro, il che è comunque rispettabile dal momento che ci mette grande impegno. Non è certo tra quelli che pubblicano la propria lista della spesa a 0,99 su Amazon per vantarsi di essere scrittori :)
      Zappare, poi, farebbe bene a chiunque ogni tanto!

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    2. Chissà, magari un giorno te lo farò leggere... sarei curiosa di sapere la tua opinione (anche perchè, secondo me potrebbe piacerti il tipo di storia)!
      Sono un piccolo demone ahahahahahah

      Salvatore avrà anche un cuore e si, capisco che una certa ricompensa per il lavoro è anche giusta ma non può essere la prima cosa della lista.
      Non lo trovo corretto. Nemmeno per se stesso

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    3. Infatti, ho votato perché lo scrivesse in ogni caso se è quello che gli piace. Ovviamente poi gli auguro di venderlo, ma solo dopo la sua soddisfazione personale.

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  2. C'è gente che ha bisogno di scrivere e magari, incidentalmente, pubblica.
    Poi c'è gente che ha bisogno di lavorare, come qualsiasi persona. O come una persona qualsiasi.

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    1. Mi piacerebbe scrivere di mestiere, non tanto per il successo, ma perché mi eviterebbe di perdere tempo con altri lavori quando vorrei soltanto scrivere. Per me che viaggerei in continuazione sarebbe l'impiego ideale perché non avrei bisogno di una sede fissa.
      A pensarci bene, io scrivo quello che mi piacerebbe leggere, invento storie che mi piacerebbe vivere e per questo non sempre coincide con ciò che la gente vorrebbe leggere. D'altra parte non saprei scrivere a comando sull'argomento o nel modo più alla moda o più vendibile, nei temi ho sempre fatto schifo :)

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    2. Scrivere per mestiere è esattamente quello: un mestiere. Significa alzarsi alle 8 e scrivere fino a ora di pranzo quello che in Casa Editrice ti hanno detto di scrivere. Ah, e di scriverlo per ieri, ché loro non hanno mica tempo da perdere. In quest'ottica bisogna scrivere quello che ti chiedono di scrivere (avendo qualcuno che ti chiede di scrivere); se ti avanza tempo (e voglia) puoi eventualmente scrivere quello che ti pare.

      Tutti gli altri si tengono stretti il proprio lavoro e, nei ritagli di tempo, scrivono. Nessuno campa scrivendo. Eventualmente, ci si inventa un lavoro "collaterale": scrivere su giornali, per riviste, fare comparsate in tv, ecc ecc. Ma questa non è scrittura; io preferisco un Paolo Zardi che si tiene stretto il suo lavoro di ingegnere e, quando può, va a fare il finalista dello Strega.

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    3. Sarà per non dovermi sottomettere a certe clausole che non cerco un editore?

      Io so bene che tu hai ragione, ma sono una romantica che equivale, come dimostra Salvatore, a sognatrice cieca che otterrà ben poco dalla propria scrittura se non impara a fare i conti con la realtà. È che a maturare troppo ho paura di marcire :)

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    4. Michele è un professionista, però non ha risposto alla domanda: lui scriverebbe lo stesso sapendo che nessuno lo leggerebbe? :)

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    5. Le cose migliori che ho scritto non le ha lette nessuno, se non quelle due o tre persone che hanno davvero insistito (ed erano già troppe); così continuerà a essere, finché troverò di che pagare le bollette. Mi piace rileggermele a distanza di tempo; limarne le frasi; renderle "piene"; smontarle e rimontarle.
      La scrittura "da lavoro" si brucia con i tempi della vita moderna: poco per buttarla giù, poco per leggerla e il mese prossimo è già dimenticata. La scrittura "da libro" ha un altro respiro e mal sopporta i tempi brevi; ne converrai anche tu, immagino. Servirebbero due parole diverse, per distinguerle :)

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    6. Questo è senz'altro vero. Quelle cose che hai scritto e che non ha letto quasi nessuno un giorno, magari, verranno pubblicate e saranno lette da tutti. Anche questa è una strada. La scrittura "industriale" è fatta di cose buone e meno buone, di cose eccelse e di emerite cacate. Alla fine dipende sempre da chi le scrive.

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  3. Sono il personaggio in questione. Dunque, ci sono due modi affrontare la realtà: affrontarla o evitarla. Sostenere che, trovandosi in un mondo post apocalittico, l'unico pensiero sarebbe quello di sedersi sugli scalini di una biblioteca e mettersi a scrivere è certamente molto romantico, funzionerebbe perfettamente in un libro, ma anche poco realistico. Una delle prime domande che facevano alla Holden era: "Se sapessi che il mondo sta per finire e hai davanti a te un solo mese prima che tutto svanisca per sempre, continueresti a scrivere?" Poiché ci si trovava in una scuola di scrittura creativa, magari al cospetto di Baricco, tutti si lanciavano in sontuosi: «Certamente!». Al che, il maestro, sorrideva sempre. Perché lui, che è un professionista, sa che non è vero. Ci si preoccuperebbe dei propri cari o di se stessi, si farebbero cose che non si ha avuto l'opportunità di fare prima, visto che il mondo sta finendo, ma non si scriverebbe. Nessuno scrittore, tra quelli che amate, si metterebbe a scrivere. Perché scrivere è, sì, una passione, sì, un modo di esprimersi, sì, un modo di essere persino, e questi sono quelli che non pubblicano quasi mai; poi è un lavoro. Ne dico uno a caso, il primo che mi capita, e approfitto del fatto che ho il suo libro tra le mani: Roberto Saviano probabilmente non avrebbe mai scritto Gomorra, se non avesse avuto un editore pronto a pubblicarglielo (la storia di come si è arrivati a quella pubblicazione la si può sbirciare sulle pagine di NazioneIndiana). Quando ho chiesto ai miei contatti in Mondadori se erano interessati a un racconto lungo, che avevo già in semi lavorazione (era un racconto breve che meritava, però, molto più spazio), mi hanno risposto fornendomi il nome di un'altra persona da contattare, a cui chiedere prima di cominciare a scrivere «per non perdere tempo in un progetto che non avrebbe avuto sbocco» - parole loro. Molti dei libri che si vedono dietro le vetrine delle librerie sono stati scritti con l'anticipo dell'editore già in tasca. I professionisti chiedono ai loro editori se un certo tema è di loro interesse e solo dopo, dopo aver ricevuto l'ok, si mettono a scrivere. Questo non significa che la scrittura non debba essere vissuta con la stessa carica romantica dell'immagine post-apocalittica di prima; probabilmente senza passione non si potrebbe scrivere nulla di buono. Ma il professionismo, cioè la narrativa che vedete in libreria, ha le sue strade; strade che non sono quelle che "romanticamente" si è abituati a immaginare.

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    1. Salvatore, ero già tentata di rispondere al tuo quesito con un "lascia perdere" ma dopo questo commento, sono sicura che quella sia la mia unica risposta per te.
      Io, da lettrice, non posso sopportare l'idea che una storia venga scritta solo se approvata da qualcuno. Questa ricerca di conferme proprio non la reggo perchè mi trasmette solo una voglia di "lo faccio per la notorietà" e scrivere, per me, non vuol dire quello.
      Se avessi chiesto "vi faccio vedere alcune trame dei miei scritti, quale vorreste leggere per intero?" allora sarei stata più che felice perchè in questo caso, chiedi direttamente ad un lettore quale storia preferirebbe approfondire e non quale storia merita di vedere la luce

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    2. Qui sta la differenza tra noi due: tu sei un professionista, io no. L'esempio post-apocalittico è troppo estremo per cavarne una riflessione realistica, ti ho risposto rispetto alla scrittura, ma è ovvio che la mia prima preoccupazione sarebbe cercare del cibo non scaduto, poi mangerei sui gradini della biblioteca :)
      Altrettanto ovvio è che pubblico ciò che, tra le varie cose che scrivo, potrebbe interessare potenziali lettori, ma "perdo tempo" anche a scrivere cose solo per me che non avranno "sbocco", per il semplice piacere di tirarmele fuori dalla testa.

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    3. Red, gli ideali sono legittimi nell'adolescenza, poi si cresce.

      Simona, esattamente, ci siamo intesi.

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    4. Salvatore, l'adolescenza l'ho passata da qualche tempo (meno di voi, ma non sono più una quattordicenne mossa da ormoni romantici). Ciò non toglie che comunque, anche se fossi una ragazzina, potrei essere una "tua lettrice" e come tale (perchè comunque leggo) sapere che uno scrittore non scrive principalmente per il proprio piacere ma solo per vendere, allora no.

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  4. "scriveresti anche se nessuno ti leggesse?"

    Questa è la domanda e di seguito mia riflessione:

    Ognuno manifesta la propria forma d'arte come meglio sa fare, nel mio caso, ad esempio, con la musica. Suonare è per me una necessità primordiale, un po come mangiare e dormire. Che sia nella mia stanza (dove ogni canzone nasce e si sviluppa) o davanti a pubblico immenso si può dire che poco importa; ciò che cambia è solo il grado di soddisfazione e appagamento.
    Nel mio caso suono da 20 anni e non ho mai guadagnato assolutamente niente. Se la mia fosse un'azienda sarebbe fallimentare...eppure, nonostante tutto, continuo a suonare la mia musica portando a testa alta le mie idee.
    Tutto il resto è una grandissima perdita di tempo. Inutile!



    in sostanza tu suoneresti anche se nessuno ti ascoltasse? o lo fai solo con lo scopo di vendere il cd?

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    1. Scrittura e musico sono arti diverse. Io suonerei per me solo, anche se nessuno mi ascoltasse. E in effetti è proprio così che si comincia. Con la scrittura, oltre un certo livello dilettantesco, non è così. Anche se comunque quello che si scrive rispecchia sempre gli interessi dello scrittore. Si possono scegliere argomenti o temi che interessano il pubblico, ma poi li si scrive come li si vorrebbe leggere.

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  5. Nel mondo in cui viviamo,le proprie emozioni(in generale per qualsiasi cosa si tratti),vengono spesso scoraggiate...ma non per questo quindi se qualcuno desidera fare qualcosa che sia scrivere,suonare,fare sport nn lo debba fare...ad esempio,io vado in bici e faccio agonismo,ma un podio non lo vedrò manco con il binocolo,però non per questo smetto di andare in bici,anzi mi diverto ancora di più perchè correre mi fa stare bene e quindi anche se non vinco,per me sono sempre gioie...

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  6. Comunque, se ti chiudono in cella con SOLO una bistecca, moriresti di fame a prescindere dalla dieta: sarebbe solo questione di tempo ;)

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    1. Come rimanere l'unica persona sul pianeta, dubito che mi capiterà mai una situazione del genere :)

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  7. Non posso che essere d'accordo con Salvatore. Ovviamente non tutto quello che si scrive va pubblicato ed è normale che tante cose si vogliano tenere per sé, ci mancherebbe. Il problema però non è questo, bensì sorge quando si scrivono libri (e poi si pubblicano) senza pensare a un audience di riferimento. Non c'è niente di più triste di un libro senza lettori. Soprattutto per l'autore che dopo tanta fatica si ritrova a patirne la delusione. Non sarebbe stato meglio saperlo prima? Se poi si vuole scrivere perché la scrittura è catartica allora lo si tenga in una cassetto o lo si faccia leggere agli amici. Se Salvatore intende vendere il libro allora fa più che bene a sondare il terreno nei modi che ritiene opportuni.

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    1. Salvatore, però, sostiene che non abbia senso scrivere qualcosa che non sia destinato alla pubblicazione. Le "tante cose che si vogliono tenere per sé" sarebbero una perdita di tempo.

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  8. E' strano, ma io condivido le tre posizioni equidistanti di Simona, Michele e Salvatore.
    Di Simona ovviamente l'indipendenza, anche a me sottomettermi alle clausole di un editore provocherebbe orticaria.
    Di Michele condivido lo scrivere per sé. Dipendesse da me non pubblicherei mai nulla. Tutto mio nel cassetto.
    Di Salvatore la necessità puntuale che se proprio ti trovi su questo pianeta e vuoi scrivere: pubblica.
    La mia posizione in fondo è molto più semplice. O riesco a vivere di scrittura, scrivendo le storie che mi appassionano, o non pubblico nulla.

    Vivere di scrittura, come dice Simona, è una necessità perché visto che si deve comunque lavorare, visto che il mondo è così grande e meraviglioso da volerlo vedere tutto, concentrare nella passione per la scrittura il mio lavoro, sarebbe un sogno.
    E dato che per me i sogni non sono solo sogni, ma mete da raggiungere, io combatto per questo.
    Non sono lo sprovveduto che scende dalle nuvole. Ho ben presenti tutte le difficoltà che il vivere di scrittura comporta.
    Ma io sono uno che se l'è cavata sempre da solo, sono un piccolo imprenditore, mi sono sempre rimboccato le maniche e non ho mai chiesto aiuto a nessuno. Quando c'è qualcosa che non riesco a fare, mi dico, devi solo essere migliore.
    Se poter vivere di scrittura è un'impresa ardua, difficilissima, titanica, io mi appresto ad affrontarla essendomi allenato per una vita intera.
    Potrò fallire, le probabilità di fallimento sono le più probabili. Il fallimento fa parte dei comuni destini umani. Fallire non mi spaventa perché ciononostante io ci proverò con tutta la mia forza, il mio vigore, il mio spirito vitale. Non mi arrenderò ancor prima di combattere. I sogni non te li regala nessuno. Come un gladiatore, sono pronto all'arena per vivere o morire.

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    1. Marco, il punto non è riuscire o meno a fare della scrittura un mestiere, lottare per un sogno, avere successo o fallire. La domanda di Salvatore è semplice: "Scriveresti anche se nessuno ti leggesse?"
      Ho ammesso che mi farebbe comodo mantenermi vendendo i miei libri, ma non è l'obiettivo principale della mia vita e per questo conservo il piacere di scrivere senza preoccuparmi di pubblicare o di far leggere a tutti quello che scrivo. Quello che ho avuto l'arroganza di auto-pubblicare è solo la punta dell'iceberg e sono più appagata dalla parte sommersa che tengo gelosamente per me. Quindi sì, scriverei anche se nessuno mi leggesse.

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    2. Io non ho bisogno di pubblicare, ma ho la necessità di scrivere. Tutto qui. ;)

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