venerdì 4 settembre 2015

A cosa serve questo blog

Comincio col dire cosa non è Scritti a Penna, così faccio subito una bella scrematura.
Non insegna a scrivere meglio, racconta come scrivo io.
Non spiega come promuovere se stessi o i propri libri, racconta i miei tentativi.
Non rivela i segreti del mestiere, racconta quelli sto imparando da altri.
Non parla dei fatti miei, racconta quello che leggo e che scrivo, senza divagare sui miei piatti preferiti o sui colori che mi fanno vomitare.
Non regala verità assolute, racconta le mie personali opinioni, ma solo in ambito letterario.

Scritti a Penna racconta me o almeno la parte di me che scrive, per la parte che viaggia c'è Semm de Passacc e per le altre mie personalità c'è lo psichiatra.
Chi passa di qui non sta andando al bar o a una conferenza né in tutti i luoghi intermedi che, nel mondo virtuale, sono sostituiti dai blog dei veri blogger. Io non sono una blogger.
Chi passa di qui viene semplicemente a sbirciare dietro il sipario, come io vado a sbirciare sul sito di Neil Gaiman o quello di Tom Keifer (sì, dopo vent'anni ho ancora una cotta per il cantante dei Cinderella, ma adesso sto scivolando nel personale).

Riconosco che usare un blog in questo modo ne limita le potenzialità e va contro le regole del marketing, secondo le quali, bisogna prima creare un pubblico fedele al blog e poi trasformarlo in lettore di libri. 
Ora, io sono anni luce da Neil Gaiman e dagli scrittori del suo calibro e da quelli che sono la metà di lui, ma ragiono come il lettore che ha apprezzato il libro e dopo va a curiosare sul sito dell'autore. Nessuno ha conosciuto Neil Gaiman prima dal sito e poi dai libri.
È per quel lettore che pubblico su Scritti a Penna, dando per scontato che visiti queste pagine per me, cercando proprio me o i miei libri o i temi che tratto nei miei libri, ma non 5 trucchi per perdere un quintale in una settimana senza soffrire la fame, frase che ora mi porterà un milione di visite.

Dovrei, invece, seguire il percorso opposto, come dice il Sig. Marketing.
Esistono davvero blogger che dopo il successo dei loro post ne hanno tratto un libro un po' meno di successo perché, sapete, leggere un blog è gratis, ma quando c'è da tirare fuori i soldi...

Io non sono una blogger, forse dovrei sforzarmi di diventarlo. Mi piace davvero ricevere commenti qui, interagire con i lettori su Facebook e via mail, ma non sono capace di andarmeli a cercare. Mi è venuto questo dubbio sulla scia di un post su Penna Blu e di altri suoi articoli sul tema. Si sa che stimo Daniele (come blogger, poi magari nel tempo libera annega i gattini), consiglio a ogni scrittore che conosco di seguirlo, e mi piacciono anche i suoi commentatori. Forse dovrei pubblicare post a cadenza regolare, invitare i lettori alla discussione, applicare strategie per aumentare le visite e i commenti. 

Forse domani. Adesso vado a revisionare un altro capitolo del terzo libro di Legione perché ho promesso, a quelli che sono venuti a cercare me, che lo pubblicherò in autunno.

4 commenti:

  1. E io provo gusto a lasciare una traccia di me in questo tuo blog, oh potenziale blogger da decine di commentatori ! :D

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    1. Lungi da me scoraggiare gli avventori di questa locanda poco (ma decisamente ben) frequentata.
      Grazie di essere tornata!

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  2. Io credo che non ci sia un modo giusto e sempre vincente per coniugare l'essere scrittore e blogger. Anche a me mister marketing ha detto che il blog è fondamentale per crearsi un pubblico online, un pubblico che poi sarà ben disposto a comprare i tuoi libri se gradirà i tuoi articoli e i contenuti che pubblicherai. E' altresì vero quello che tu dici sui blogger che poi diventano scrittori. Non è scontato essere famoso come scrittore se si è un blogger famoso, anche perchè scrivere articoli e scrivere romanzi non è la stessa cosa. Non concordo invece sul commento che fai sui grandi autori. E' vero che qualcuno compra il libro di Gaiman o King o Grisham e poi va a curiosare nel sito, però devi considerare che tutti loro sono autori che sono diventati famosi prima dell'avvento del self publishing con tutto ciò che ha comportato online e offline. Inoltre, loro hanno alle spalle case editrici che investono molto nel marketing, perciò secondo me è scorretto confrontare quello che noi autori sconosciuti possiamo fare con i mezzi che sono a loro disposizione.
    Voglio dire, se io fossi in vetrina in tutte le librerie del mondo, probabilmente non avrei interesse a usare il blog per farmi un pubblico. Il pubblico ce l'ho di già e il blog sarebbe solo un altro dei miei canali di comunicazione. Visto però che sono sconosciuto e non sono presente in nessuna vetrina delle librerie del mondo, ho bisogno di un modo per far sapere che esisto. In questo senso il ragionamento di mister marketing non è campato in aria.

    Mi rendo conto di essere stato un po' caotico, ma il commento riflette esattamente il mio pensiero su questo mondo complesso e di difficile approccio.

    Ciao :-)

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    1. Ciao Lorenzo,
      il marketing HA ragione, sono io che uso un approccio diverso (giusto o sbagliato) e forse, se lo cambiassi, avrei maggiore visibilità, ma per il momento non ho tempo di diventare anche una blogger :)

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