Ho
sempre amato gli alberi.
Ero
un'imbranata da bambina, ve l'ho già raccontato, e in verità lo
sono ancora, ma una cosa che mi riusciva con inspiegabile naturalezza
era arrampicarmi sull'albero di gelso in fondo al cortile. Non so
come potessi raggiungere tanto facilmente i rami più alti e saltare
giù senza paura, quando non sapevo prendere al volo un pallone. Mi
piaceva.
L'albero
è una creatura singolare. Immobile eppure vivo, saldamente
aggrappato alla terra con le radici eppure teso con i rami verso il
cielo. Sulla melodia delle stagioni, fiorisce e si spoglia secondo i
passi di una danza misteriosa. Si rinnova pur rimanendo lo stesso
albero, cresce arricchendosi ogni anno di un anello di corteccia, di
uno strato di saggezza, di una storia da raccontare, di un ricordo da
custodire.
Gli
alberi sono libri viventi. Quasi dieci anni fa, nel Parco Nazionale del Gran
Sasso, dormivo in tenda nel piccolo campeggio di proprietà di un
anziano poeta. Fu lui a indicarmi Mosè, un faggio che aveva mille
anni. La memoria di mille anni era racchiusa in un tronco nodoso. Quell'albero ha visto passare dieci
secoli di storia intorno a sé, è stato testimone di cambiamenti
sociali, ambientali e culturali che noi possiamo solo studiare sui
libri. Tempo dopo, ho incontrato un altro albero speciale alle Hawaii. Nei pressi di Hilo, la cittadina più flagellata al mondo dagli tsunami, c'è una palma da cocco che ha resistito a tanti maremoti da divenire un simbolo. Sul suo fusto sono indicate le altezze raggiunte dalle onde peggiori nel 1946, 1952, 1957 e 1960. Osservate bene la foto in fondo al post, il segno del 1946 si trova a 7 metri e 92. Quella palma racconta la storia di terribili disastri, ma ricorda agli abitanti di Hilo che è stata una saggia decisione spostare le case verso l'interno dell'isola e lasciare la costa agli alberi.
Abbracciare
un albero è un'esperienza dolce. Nel bellissimo film L'ottavo
giorno, Georges, un ragazzo down, dice: “Se tocchi un albero,
diventi un albero.” Toccare un albero, infatti, mi lascia sempre qualcosa
addosso, che sia il profumo della resina o la puntura di una
scheggia. Soprattutto, quando abbraccio un albero sento che mi
restituisce ogni battito del cuore e trasforma ogni respiro in nuovo
ossigeno. Gli alberi dovrebbero ricevere abbracci molto più spesso.
L'albero
è generoso. Sotto i suoi rami sono protetta dal sole e dalla
pioggia, mi cede quelli secchi da ardere per riscaldarmi e mi regala
frutti deliziosi per nutrirmi e dissetarmi. Può farsi rifugio per
nascondermi e zattera per fuggire, carta per scrivere romanzi e
lettere d'amore.
Di
alberi sono piene le fiabe: boschi oscuri, foreste incantate, giungle
impenetrabili e ho avuto la fortuna di vedere questi luoghi da favola durante i miei viaggi. Forse per questo, se mi fermo a osservare un albero,
non posso fare a meno di sognare. C'è da fantasticare sulle rughe e
i nodi del legno, sulle cicatrici lasciate dal vento e dai fulmini,
sulle pieghe dei rami che, come pensieri, si aprono e si moltiplicano
prendendo direzioni imprevedibili.
Ora
ditemi se un albero è soltanto un albero.
Abruzzo 2007 - con Mosé |
Australia 2010 - dentro un albero |
Indonesia 2013 - pianto un nuovo albero |
Big Island 2014 - la palma degli tsunami |
Sì, un albero non è soltanto un albero. E anch'io ho amato Georges, che insegna al suo amico ad abbracciare gli alberi. Abbiamo in comune anche L'ottavo giorno...
RispondiEliminaVoglio le scarpe!
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