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sabato 26 novembre 2016

Soltanto un albero

Ho sempre amato gli alberi.

Ero un'imbranata da bambina, ve l'ho già raccontato, e in verità lo sono ancora, ma una cosa che mi riusciva con inspiegabile naturalezza era arrampicarmi sull'albero di gelso in fondo al cortile. Non so come potessi raggiungere tanto facilmente i rami più alti e saltare giù senza paura, quando non sapevo prendere al volo un pallone. Mi piaceva.


L'albero è una creatura singolare. Immobile eppure vivo, saldamente aggrappato alla terra con le radici eppure teso con i rami verso il cielo. Sulla melodia delle stagioni, fiorisce e si spoglia secondo i passi di una danza misteriosa. Si rinnova pur rimanendo lo stesso albero, cresce arricchendosi ogni anno di un anello di corteccia, di uno strato di saggezza, di una storia da raccontare, di un ricordo da custodire.

Gli alberi sono libri viventi. Quasi dieci anni fa, nel Parco Nazionale del Gran Sasso, dormivo in tenda nel piccolo campeggio di proprietà di un anziano poeta. Fu lui a indicarmi Mosè, un faggio che aveva mille anni. La memoria di mille anni era racchiusa in un tronco nodoso. Quell'albero ha visto passare dieci secoli di storia intorno a sé, è stato testimone di cambiamenti sociali, ambientali e culturali che noi possiamo solo studiare sui libri. Tempo dopo, ho incontrato un altro albero speciale alle Hawaii. Nei pressi di Hilo, la cittadina più flagellata al mondo dagli tsunami, c'è una palma da cocco che ha resistito a tanti maremoti da divenire un simbolo. Sul suo fusto sono indicate le altezze raggiunte dalle onde peggiori nel 1946, 1952, 1957 e 1960. Osservate bene la foto in fondo al post, il segno del 1946 si trova a 7 metri e 92. Quella palma racconta la storia di terribili disastri, ma ricorda agli abitanti di Hilo che è stata una saggia decisione spostare le case verso l'interno dell'isola e lasciare la costa agli alberi.

Abbracciare un albero è un'esperienza dolce. Nel bellissimo film L'ottavo giorno, Georges, un ragazzo down, dice: “Se tocchi un albero, diventi un albero.” Toccare un albero, infatti, mi lascia sempre qualcosa addosso, che sia il profumo della resina o la puntura di una scheggia. Soprattutto, quando abbraccio un albero sento che mi restituisce ogni battito del cuore e trasforma ogni respiro in nuovo ossigeno. Gli alberi dovrebbero ricevere abbracci molto più spesso.

L'albero è generoso. Sotto i suoi rami sono protetta dal sole e dalla pioggia, mi cede quelli secchi da ardere per riscaldarmi e mi regala frutti deliziosi per nutrirmi e dissetarmi. Può farsi rifugio per nascondermi e zattera per fuggire, carta per scrivere romanzi e lettere d'amore.

Di alberi sono piene le fiabe: boschi oscuri, foreste incantate, giungle impenetrabili e ho avuto la fortuna di vedere questi luoghi da favola durante i miei viaggi. Forse per questo, se mi fermo a osservare un albero, non posso fare a meno di sognare. C'è da fantasticare sulle rughe e i nodi del legno, sulle cicatrici lasciate dal vento e dai fulmini, sulle pieghe dei rami che, come pensieri, si aprono e si moltiplicano prendendo direzioni imprevedibili.

Ora ditemi se un albero è soltanto un albero.

Abruzzo 2007 - con Mosé

Australia 2010 - dentro un albero

Indonesia 2013 - pianto un nuovo albero
Big Island 2014 - la palma degli tsunami

Kenya 2016  - abbracciando un albero


2 commenti:

  1. Sì, un albero non è soltanto un albero. E anch'io ho amato Georges, che insegna al suo amico ad abbracciare gli alberi. Abbiamo in comune anche L'ottavo giorno...

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