Recentemente
ho scritto due post sull'influenza che il viaggiare ha sulla mia
scrittura, su ciò che continuo a imparare osservando l'uomo e la
natura, trasferendolo in personaggi e ambientazioni. Ho spiegato
che il mio bagaglio di esperienze, incontri e visioni arricchisce
ogni trama che invento, ma finora ho scritto un solo libro
autobiografico sui miei viaggi in Indonesia, anche se ne ho in
cantiere uno sulle mie avventure in Africa. Pur
nascendo dalla stessa mente e condividendo per forza il sostrato
culturale e personale, Di
passaggio in Indonesia appartiene
a un genere completamente diverso dagli altri miei scritti: è
letteratura di viaggio.
È
un genere che mi interessa molto da lettrice e ho esplorato poco da
scrittrice. Così, mi sono fatta qualche domanda.
Tanto
per cominciare, esistono tanti tipi di viaggio che possono essere
raccontati in altrettanti modi. L'Odissea di Omero narra
di un viaggio, ma anche La Divina Commedia di Dante
e pure Alice nel Paese delle Meraviglie di Carrol
e I viaggi di Gulliver di Swift, come Il
Signore degli Anelli di Tolkien e Le 13 vite e ½
del Capitano Orsoblù di Moers. Tuttavia, nessuno di questi
è considerato letteratura di viaggio.
Per
rientrare nel genere è necessario che il viaggio raccontato
sia reale,
per quanto il tema si presti a rappresentare un percorso formativo,
metaforico e filosofico. La componente realistica viene dalle
cronache di esplorazione del passato, quando allontanarsi da casa non
era facile come oggi, quando gli uomini si muovevano in territori
sconosciuti per desiderio di conquista, per esigenze economiche o
semplicemente spinti dalla curiosità e al ritorno raccontavano le
loro scoperte. Lo storico greco Erodoto viaggiò tantissimo e scrisse
accurate cronache sui luoghi, i costumi e le culture dei popoli
incontrati. Anche in questo caso, però, non si tratta di letteratura
di viaggio bensì di reportage, un resoconto giornalistico ed
è Kapuściński, giornalista e scrittore tra i miei preferiti,
a indicare proprio Erodoto come il padre del reportage. In epoche
nelle quali viaggiare era un rischio o un lusso, i resoconti dei
pochi che affrontavano oceani e montagne erano per lo più
descrittivi, servivano a mostrare paesaggi e culture a chi non aveva
la possibilità o i mezzi per raggiungere le mete più lontane.
Proseguendo
con l'analisi, ho notato che quasi sempre l'autore e il
narratore coincidono, è lo stesso scrittore ad aver compiuto il
viaggio e lo racconta in prima persona, completo di sensazioni,
riflessioni e giudizi. Credo sia a questo punto che la letteratura di
viaggio prende le distanze dal reportage che (dovrebbe) essere un
resoconto imparziale. Prendo di nuovo l'esempio di Kapuściński che
ha pubblicato sia da giornalista le cronache dei fatti dei quali è
stato testimone, sia da scrittore le avventure personali vissute
durante i suoi viaggi, quelle escluse dagli articoli, quelle che
avevano lui per protagonista. Spesso, quindi, la letteratura di
viaggio assume la forma di diario e un punto di vista molto
personale, perfino intimo. Quando penso a Il peggior viaggio
del mondo di Cherry-Garrard non vedo solo la cronaca della
tragica spedizione in Antartide di Scott, ma ci trovo le paure, le
aspettative, le lamentele e le emozioni
dell'autore/viaggiatore/testimone.
Dunque,
il viaggio deve essere reale, ma non basta: deve essere raccontato in
un certo modo, deve essere letteratura, avere un valore
artistico. Cronache di
esplorazioni e spedizioni scientifiche raccontano di scoperte
geografiche, archeologiche, naturalistiche, antropologiche con
funzione espositiva, mentre la letteratura di viaggio non si ferma ai
dati tecnici.
L'elemento
personale del racconto di viaggio, a mio parere, porta il narratore a
esprimersi spesso in modo poetico, le sue descrizioni trasportano
sensazioni, non si limita a elencare le cose che vede, ma vuole
trasmettere l'emozione di vederle e il messaggio che recepisce
dall'esperienza diretta. In letteratura di viaggio un sentiero non ha
solo una certa lunghezza o pendenza, rappresenta una sfida, conduce a
una meta, contiene una storia. Azione e ambientazione quasi
coincidono, hanno lo stesso peso. Certo, in questi libri si citano
distanze, altitudini, profondità e si parla di attrezzature, mezzi,
bagagli tuttavia ciò che resta dalla lettura non è una serie di
nozioni tecniche bensì l'impressione di aver vissuto un'avventura
resa più vivida dal fatto che sia realmente accaduta.
Certi
viaggi hanno molto a che fare con la filosofia, qualche volta anche
con la spiritualità, perché danno modo di riflettere sulla vita,
sulla varietà di situazioni, panorami e condizioni che si possono
incontrare lungo il cammino e delle conseguenti reazioni di chi lo
intraprende. Il viaggio porta sempre una scoperta e un'evoluzione
personale e chi lo racconta vuole condividere e diffondere ciò che
ha colto da quell'esperienza. I libri sulle imprese alpinistiche, per
esempio, parlano di sfidare condizioni avverse, conquistare una
vetta, spingersi oltre i propri limiti, fallire e ritentare. Anche
quando il viaggio è raccontato in terza persona da un autore che ha
raccolto informazioni e testimonianze, la motivazione e il
messaggio del libro vanno oltre i luoghi e i fatti.
Visti
i contenuti, a questo punto dovrei parlare di tecnica
narrativa,
ma pure qui potrei spaziare dall'umorismo di Bryson alla filosofia di
Kerouac e ne uscirei invecchiata di dieci anni. Il fatto è che ogni
viaggiatore è diverso, come ogni scrittore, e il tema del viaggio si
presta a molteplici interpretazioni. Posso darvi la mia, quella
contenuta nel mio libro, posso dirvi che sono partita per puro
spirito d'avventura ispirata da libri e documentari, posso dirvi che
una volta sul posto le cose sono molto diverse da come si immaginano
da casa, posso dirvi che ho superato paure e infranto pregiudizi.
Oppure potreste leggere Di
passaggio in Indonesia e
scoprirlo da voi.
La letteratura di viaggio è un pianeta poco esplorato da chi ama scrivere. Anzi, a volte del tutto sconosciuto. Ben venga che se ne parli, perché è un genere letterario che offre piacevoli letture, anche per chi resta a casa e vuole viaggiare con la mente.
RispondiEliminaSono d'accordo e credo anche che lo scopo di certi libri sia proprio quello di far viaggiare il lettore dalla poltrona, in modo che possa assaporare la scoperta e l'avventura senza fare i bagagli. Altre volte, invece, lo si ispira e incoraggia a partire, com'è successo a me che ho voluto visitare di persona i luoghi dei quali avevo letto :)
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