Il 26 dicembre mi sono svegliata con il piano di scrivere per un giorno intero.
Erano tutti via per le feste e avrei avuto il tempo e la pace di mettermi al computer con una tazza di caffè caldo e trascorrere ore all'avventura con i personaggi di Legione.
Erano tutti via per le feste e avrei avuto il tempo e la pace di mettermi al computer con una tazza di caffè caldo e trascorrere ore all'avventura con i personaggi di Legione.
Prima di proseguire il racconto, serve un
chiarimento: io non scrivo nella casa in cui abito. Mi sono sempre
sentita più a mio agio al tavolo del salotto nel vecchio
appartamento di famiglia, che è rimasto a mio fratello e la sua compagna, ma del quale
ho ancora le chiavi e uso come studio ogni volta che posso.
Be', il rientro
mattiniero dei legittimi inquilini – li aspettavo per cena o almeno nel pomeriggio – ha fatto fallire il mio piano che il caffè era ancora caldo e, delusissima, sono tornata a casa.
Ho pensato che, se non potevo scrivere, almeno potevo trascorrere la giornata a leggere, così mi sono accomodata sul divano con Le lacrime della giraffa, intenzionata a finirlo prima di sera. Accanto a me, avevo quaderno e penna perché quando leggo ho sempre qualche appunto da prendere ispirata dalle catene di pensieri che scaturiscono da un buon libro, qualche idea da imbrigliare prima che sfugga.
Però, pur coinvolta dalla lettura e partita per il Botswana con la signora Ramotswe, avevo la testa piena di scene interrotte del mio romanzo, personaggi che continuavano a parlare e agire come se non dipendessero più da me. Con le loro vite, mi importunavano da un'altra realtà, e perché smettessero di distrarmi sono stata costretta a interrompere la lettura e accontentarli, scrivendo di loro sul quaderno. Poi sono tornata a indagare insieme alla prima donna detective del Botswana sul mistero di un ragazzo scomparso.
Ho pensato che, se non potevo scrivere, almeno potevo trascorrere la giornata a leggere, così mi sono accomodata sul divano con Le lacrime della giraffa, intenzionata a finirlo prima di sera. Accanto a me, avevo quaderno e penna perché quando leggo ho sempre qualche appunto da prendere ispirata dalle catene di pensieri che scaturiscono da un buon libro, qualche idea da imbrigliare prima che sfugga.
Però, pur coinvolta dalla lettura e partita per il Botswana con la signora Ramotswe, avevo la testa piena di scene interrotte del mio romanzo, personaggi che continuavano a parlare e agire come se non dipendessero più da me. Con le loro vite, mi importunavano da un'altra realtà, e perché smettessero di distrarmi sono stata costretta a interrompere la lettura e accontentarli, scrivendo di loro sul quaderno. Poi sono tornata a indagare insieme alla prima donna detective del Botswana sul mistero di un ragazzo scomparso.
A un certo punto, mi sono accorta che Will, uno dei due gatti di casa, ha
deciso di aggredire e rapire la mia penna. L'ha sfilata dal quaderno,
fatta rotolare sul pavimento e, secondo la legge della fisica che
ogni gattaro ben conosce – qualunque oggetto preso di mira da un
felino va inesorabilmente a finire sotto il divano – la mia penna è
svanita nell'oscurità. Nel recuperarla, con una stecca e un'abile
torsione del polso, ho guadagnato anche un bel gomitolo di polvere e
pelo. Allora ho tirato fuori l'aspirapolvere, spostato il divano e
ripulito il pavimento, portando alla luce un tesoro di palline di
stagnola e svariati tappi di bottiglia. Già che ero in modalità
casalinga, ho passato lo straccio e caricato la lavatrice. Anche
mentre sbrigavo le faccende domestiche, però, la mia mente continuava a scrivere e i personaggi a muoversi e parlare lungo le
vie della trama.
Con la casa pulita e quello che i saputelli gli esperti chiamano “flusso
creativo” intrappolato in diverse pagine di quaderno, mi sono rasserenata. Ho ripreso la lettura, nascondendo
astutamente la penna nella tasca della felpa e sono arrivata alla fine
del romanzo – appena meno bello del primo, ma con tanti spunti
interessanti e frasi che mi facevano posare il libro, fissare il vuoto
e pensarci intorno – proprio quando è partita la centrifuga,
giusto in tempo per stendere.
Questa giornata dimostra
che, se interrotto bruscamente durante la scrittura, il mio cervello
resta impigliato in una dimensione fantastica finché non mi sfogo attraverso la penna o la tastiera. Ecco, io spero che questa cosa
capiti a tutti quelli che scrivono.
O in Botswana le mogli sono davvero MOLTO infedeli oppure ci sono 549 mariti infedeli solo perché praticano la religione sbagliata :D
RispondiEliminaCerto che anche il tuo cervello si impegna in voli mica male. Ma, come si dice tra ottimisti, non sarai mai solo con la schizofrenia.
EliminaGrazie per aver chiamato l'Istituto Psichiatrico di Salute Mentale:
EliminaSe lei è ossesso-convulsivo, prema ripetutamente fino allo spasmo il tasto 1.
Se lei è affetto di personalità multipla, prema i tasti 2, 3, 4, 5 e 6.
Se lei è paranoico, sappiamo già chi è, cosa fa nella vita e pure cosa vuole, quindi rimanga in linea, finché non rintracciamo la sua chiamata.
Se lei soffre di allucinazioni, prema il tasto 7 nel telefono rosa gigante che lei (e solo lei) vede alla sua destra.
Se lei è schizofrenico, chieda al suo amico immaginario di premere il tasto 8 al suo posto.
Se soffre di depressione, non importa quale numero prema, tanto non c'è niente da fare, il suo caso è disperato e non ha cura.
Se soffre di amnesia, prema 9 e ripeta a voce alta il suo nome, cognome, numero di telefono di casa e del cellulare, indirizzo e-mail, numero di conto corrente, codice bancomat, data di nascita, luogo di nascita, stato civile e cognome da nubile di sua madre.
Se soffre di indecisione, lasci il messaggio dopo il bip ...oppure prima del bip ... o durante il bip, insomma scelga lei.
Se soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.
Se soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.
Se soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.
Se soffre di avarizia ossessiva, attenzione, riattacchi subito, questa telefonata è a pagamento a 500 euro al secondo.
Se soffre di autostima bassa, per favore riagganci, poiché tutti i nostri operatori sono impegnati a parlare con persone molto più importanti di lei.
Grazie per aver chiamato.
E ora ti vedo ridacchiare come Bart Simpson che fa scherzi telefonici al bar. Te l'ho già detto: tu ne sai una più di Google.
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