Progetto di andarmene lontano e questo è l'anno buono. Non ho niente da perdere e tutto da guadagnare nel farmi trascinare dalla fune che mi lega ai sogni più folli. Questa fune è robusta e preziosa, fatta d'oro e argento intrecciati, fa un doppio giro intorno ai miei fianchi e resta tesa lungo la linea del tempo: un capo svanisce davanti ai miei passi verso un orizzonte abbagliante; l'altro capo, alle mie spalle, è saldamente avvolto intorno all'albero dei ricordi che ha un tronco possente solcato da cicatrici e sfregi che la corteccia inghiottisce con gli anni e un'infinità di rami pieni di foglie e fiori e frutti felici. Il mio passato è un albero con radici che affondano in un terreno che non appartiene solo a me, ma è fatto di strati di storia, delle ossa di chi è venuto prima, di pagine di libri, di tragedie e conquiste, di errori e di invenzioni. Il mio albero è cresciuto lì, tra miliardi di alberi più giovani e più antichi, quello è il mio.
A ogni albero è legata una persona e nessuno conosce la misura della propria fune finché non arriva all'altro capo. Certe funi si incrociano, si annodano tra loro, alcune divengono più forti, altre si sfilacciano. C'è chi ci ne fa un cappio, chi tenta di tagliarla, chi ne resta prigioniero, chi se la lascia scorrere tra le mani, chi la segue oltre la collina per andare incontro a nuovi orizzonti. Sono scelte.
Il mio albero è spuntato 41 anni fa a Monza e, prima di scoprire che la mia fune poteva fare più volte il giro del pianeta, il mio mondo era racchiuso tra le colline della Brianza. Quando viene la bella stagione penso sempre ai prati, ai boschi, ai fiumi, alle costellazioni di laghetti che precedono il lago di Como, le Prealpi e poi le montagne vere. Torno ragazzina e riaffiorano immagini e sensazioni.
Penso che nelle notti d'estate si sale a Montevecchia carichi di desideri a contemplare sciami di stelle cadenti. Penso che da bambini ci si sbucciano le ginocchia e ci si graffiano le mani arrampicandosi sugli alberi e da adolescenti si prende la moto e si va a mangiare il gelato respirando il profumo delle piante che circondano la strada. Penso alle birrerie con i tavoli di legno dove ho inciso il mio nome vent'anni fa insieme a quelli di amici storici. Penso ai boschi dove si suonava la chitarra fino al mattino. Penso alle domeniche con i panini imbottiti nello zaino e le camminate lungo la ferrovia. Penso che si girava da soli in bicicletta a dieci anni e si conquistavano salite impossibili, penso che quelle salite sono rimaste impossibili anche quando sono passata dalla bicicletta all'auto perché solo un demente poteva progettare una strada con quella pendenza. Penso agli sterrati percorsi sparando sassolini in ogni direzione per andare a vedere il tramonto e ai furti di frutta da alberi e cespugli. Penso al panorama notturno di una distesa di colline luccicanti di paesini, come un presepe silenzioso nell'aria calda della stagione sbagliata. Penso che si faceva l'amore su coperte colorate e si tornava a casa spettinati con fili d'erba tra i capelli convinti di avere un segreto.
Penso che non è stato tutto così bello e facile come nei miei ricordi, ma conservo solo i migliori, le belle stagioni dell'anno e della vita. Sono contenta che il mio albero sia qui e resterà qui, anche quando sarò lontanissima, a reggere un capo della mia fune mentre corro verso l'orizzonte oltre le colline. I brutti periodi si superano se il tuo albero è abbastanza forte e mentre seguo la mia fune non porto il peso di ciò che mi è accaduto, degli errori che ho commesso, del dolore che ho provato, ma mi faccio spingere da quello che ho imparato sotto i colpi peggiori e mi faccio alleggerire dai ricordi più dolci.
Ogni stagione è una bella stagione.
A dir poco magnifico.
RispondiEliminaGrazie, Marco, e buon compleanno ;)
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