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mercoledì 23 dicembre 2015

Immaginazione e spirito d'avventura

Uno dei miei libri preferiti è Il peggior viaggio del mondo di Apsley Cherry-Garrard, il resoconto della missione di Scott in Antartide durante la quale l'esploratore perse la vita insieme a tutta la sua squadra. Cherry-Garrard sopravvisse alla spedizione con i pochi altri uomini rimasti al campo base, ma nonostante la tragicità della storia, il suo racconto è pieno di ricordi meravigliosi, di passione, di soddisfazione dopo incredibili fatiche. È pieno di quello spirito d'avventura che mi ha sempre affascinata. Cosa spingeva l'uomo a viaggi così estremi? La curiosità, il desiderio di conoscenza, la voglia di superare per primi un limite.

Ah, l'era delle grandi esplorazioni! Mi sarei imbarcata su uno di quei velieri in rotta verso l'oceano sconosciuto. Probabilmente sarei morta per qualche malattia dovuta alla scarsa igiene e al cibo mal conservato, ma se fossi sopravvissuta avrei goduto di avventure così fantastiche che si fatica a descriverle.
Immagino come ci si sentisse ad avvistare un'isola che non era su nessuna mappa, una terra misteriosa che emerge dalle nebbie. Mi metto nei panni del primo a mettere piede su quella spiaggia di corallo e osservare il pennacchio di fumo che si leva dall'alto vulcano al centro dell'isola. 
Immagino di attraversare la giungla africana a piedi, senza sapere quello che si nasconde tra la vegetazione, e di sentire un rombo lontano, simile a un tuono costante. Proseguo in direzione di quel suono, accompagnata dalle scimmie sugli alberi e mi trovo davanti le gigantesche Cascate Vittoria.
Immagino le tempeste nello stretto di Magellano, le onde che sollevano il mio vascello e la pioggia che mi sferza il viso. Sono nel mezzo delle peggiori turbolenze del pianeta, ma per miracolo evito le scogliere taglienti e raggiungo l'altro oceano, le nubi si diradano e il sole fa scintillare la nave bagnata.
Immagino di aprire un sentiero tra le montagne himalayane lottando contro il gelo e l'altitudine, senza l'ausilio di attrezzature moderne. Dalla mia tenda nella neve, vedo le stelle così vicine che potrei toccarne gli spigoli appuntiti
Immagino di risalire il grande Rio delle Amazzoni, inoltrandomi nella foresta più estesa del mondo abitata da insetti enormi e serpenti velenosi. L'imbarcazione scivola sulle acque torbide e dalla giungla arrivano suoni sinistri e sconosciuti.
Immagino di essere la prima a vedere un ghepardo, un koala, un pinguino. Immagino di scoprire Macchu Picchu, Angkor o la tomba di Tutankhamon. 
Immagino continuamente.

Erano viaggi per coraggiosi e folli, fatti per disegnare le prime carte geografiche e per osservare luoghi, animali e piante mai visti prima, per risolvere antichi enigmi storici, per sfidare se stessi. Adoro leggere le cronache d'esplorazione antiche e moderne, dai navigatori polinesiani ai diari di Walter Bonatti, dal bellissimo Alla ricerca del cimitero degli elefanti di Tarquin Hall alle simpatiche scorrerie di Bill Bryson, da Autostop per l'Himalaya di Vikram Seth al mio ultimo acquisto ancora da leggere Prendo la bici e vado in Australia di Francesco Gusmeri. Potrei continuare a darvi titoli per ore, ma mi soffermo su tre libri ambientati negli anni Trenta.
In Viaggiare è il mio peccato Agatha Christie racconta il suo viaggio in Siria al seguito del secondo marito, archeologo e direttore di uno scavo. Una veste insolita per la grande giallista che si dimostra tutt'altro che una dama inglese snob e schizzinosa, mentre descrive le bellezze del luogo tra polvere e topi. Era il 1930 e solo quattro anni dopo Theresa Wallach partiva in motocicletta con l'amica Florence Blenkiron per attraversare l'Africa, un'impresa eroica per due donne a quell'epoca raccontata in The rugged road. Un'altra motocicletta porta Robert Fulton a compiere il giro del mondo nel 1932 a causa di una scommessa accettata per far colpo su una ragazza inglese, da buon americano spaccone. One man caravan è il diario del suo viaggio da Londra a New York attraverso Europa, Medio Oriente e Asia. Questi tre libri dipingono un passato recente eppure lontanissimo, con il mondo diviso in colonie, un mondo dove culture diverse si parlavano senza capirsi e si scontravano con violenza. Ma a raccontarmi quell'epoca non sono storici, conquistatori o politici, bensì viaggiatori, persone dalla mente aperta, curiose, interessate alla scoperta che trovavano il modo di comunicare per il gusto di conoscere. 

Diverso è l'approccio di Kapuściński, giornalista, che parla da Africa e Sud America nel periodo in cui le colonie del passato conquistavano l'indipendenza dagli stati europei. Quello che mi piace dei suoi diari è il punto di vista autentico. Reporter free lance squattrinato, Kapuściński non scrive da un hotel a cinque stelle, ma dalle stesse baracche dove vivono le persone di cui scrive, tra stregoni e bambini che giocano con palloni di stracci e armi. Le sue avventure e soprattutto disavventure (fughe, rapimenti, malattie, incontri pericolosi) mi hanno fatto conoscere un sotto-mondo che i notiziari non raccontano. I miei viaggi in Africa sono venuti dopo la lettura di diversi suoi libri e questo mi ha permesso di guardarmi intorno con occhi che vanno oltre quelli del semplice turista, mi ha fatto apprezzare davvero i luoghi, le usanze, la cultura che ho trovato.

Ho cominciato a viaggiare per la gran voglia di andare a vedere i luoghi di cui avevo letto tanto, per vedere se erano davvero così, per capire come ci si sentisse dentro il libro. E non parlo solo di cronache e storia, ma di Tarzan e Il libro della giungla, Ventimila leghe sotto i mari Là dove soffia il Mistral. Quello che ho riportato a casa, grazie all'incredibile fascino della natura e di siti storici sperduti, è ciò che mi resta anche dalla lettura di un buon libro: una gran varietà di emozioni, riflessioni e lezioni di vita.
Amo le storie d'avventura, reali o immaginarie, e c'è una forte componente d'avventura nei miei libri perché attraverso i personaggi posso spingermi oltre, come gli esploratori, e la mia fantasia non è nemmeno costretta nei confini disegnati sul mappamondo. La lettura e l'esperienza ispirano la mia immaginazione e posso compiere imprese straordinarie. Poi scriverle e raccontarle a voi.

4 commenti:

  1. "In questo porco mondo, fatto di straccioni e due di briscola, non avrei mai immaginato di trovare sostegno ad una fede.
    Neanche in quei ponti dove gente di razza marinara s’indaraffa a portar di vento velieri, che a vederli bene, se non ad occhi mogi, non pagheresti un fiorino per salirci su.
    Da quando quel gran cagnaccio di Colombo s’è fatto prendere da quella idea, più che bizzarra... direi malsana, questo povero porto, e tutta la città per intera avevano iniziato ad essere meta di gente da ogni dove. Proprio quel Colombo, che io vidi e conobbi, nonostante i profumi puzzava da porco: si metteva proprio sulla banchina, davanti al mare, e scrutava l’orizzonte: e vedeva, e giuro se la vedeva quella stramaledetta terra. Non passava giorno e notte a vederla. Nelle taverne si rideva a prescia. Io ero solo una spanna fra le gambe di mio padre, ma le ricordo ancora le risate gracche."

    Bellissimo questo post! Dirti che adoro le età delle scoperte è poco. Ci sarei salito anch'io su quei velieri, così come oggi salirei su astronavi spaziali alla scoperta dell'universo. Ma purtroppo sono nato in un epoca in cui non ci sono né velieri né navi spaziali. :D

    Il mio libro preferito in realtà è una biografia. Magellano di Stefan Zweig. E' poco conosciuto, ma è una perla.
    Credo che il viaggio di Magellano, dove nei libri di scuola è una linea che gira il planisfero, sia la più grande avventura che uomini abbiano mai compiuto. Delle 5 navi ne arriverà solo una mezza affondata. Tutti gli ufficiali, i piloti, i maestri d'armi, i timonieri, moriranno. Ci saranno ammutinamenti, conquiste di navi. La scoperta della Terra del Fuoco e della Patagonia, il perché si chiamano così. Il nome dell'oceano pacifico. Superato lo stretto di Magellano erano già in gravi difficoltà. I marinai erano così allo stremo che le navi furono lasciate a navigare da sole, senza più comando. E solo il caso sa come fu, l'oceano più tempestoso del mondo, fu pacifico e col vento in poppa per 40 giorni. Le difficoltà con le i nativi del pacifico, le Filippine (dove nella maniera più idiota muore Magellano).
    E poi la fuga dai Portoghesi che dalle loro postazioni in Asia e Africa provano a intercettare e affondare la spedizione.
    E quando tutti pensavano che fossero morti, dopo tre anni, all'arrivo in Spagna, per la prima volta si è scoperto che navigando a ovest si guadagna un giorno. E' incredibile che uomini, pochissimi superstiti siano riusciti a compiere una tale impresa.
    La cronaca del viaggio è anche raccontata da un avventuriero italiano, Pigafetta, che ha compiuto il viaggio, a cui Zweig si rifà per alcune citazioni dirette. Un libro meraviglioso.

    Ah, lo scritto iniziale è un mio incipit giovanile su un romanzo storico, purtroppo incompiuto. Un vecchio burbero e fradicio che racconta la storia delle grandi scoperte geografiche da Cristoforo Colombo raccontando della sua incredibile famiglia. Avevo cercato di ricreare uno stile sporco, burbero, da marinaio avvizzito. Prima o poi ci rimetterò mano. Quella storia da raccontare mi affascina ancora dopo vent'anni dal suo concepimento.

    Questo post mi piace tantissimo e mi segno il libro sull'avventura di Scott.

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    1. Grazie, Marco. Il tuo incipit mi intriga parecchio: voglio il libro! Rimettiti subito al lavoro.
      Sono d'accordo sul fatto che viviamo in un'epoca di transizione che offre poco di avventuroso, per come lo intendiamo noi. Mi viene in mente la frase di Ray Bradbury sulla nostra civiltà: "Troppo presto fuori dalle caverne, troppo lontani dalle stelle". Al momento, dobbiamo accontentarci della fantasia o ripiegare sulle avventure del passato.
      Mentre aspetto il tuo, cerco il libro su Magellano :)

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    2. Grazie. Ma per il mio libro c'è ancora tempo. E' uno scritto giovanile che venne giù di getto, tutto il primo capitolo con quello stile strano e rozzo. Lo avevo intitolato il Mare Tenebroso. Questo era l'antico modo degli spagnoli, prima di Colombo, di chiamare l'oceano Atlantico. Ed è molto suggestivo considerare come cambino le prospettive con la conoscenza e la storia nel suo divenire. In fondo scrivere è bello anche per questo, si può scorrere nel tempo dal passato al futuro. Quel che è, quel che è stato, quel che potrà essere. Scrivere ritengo che sia il viaggio più straordinario che siamo in grado di compiere.

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    3. Già, per noi fortunati che abbiamo il dono dell'immaginazione!

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