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giovedì 29 ottobre 2015

Dentro il cassonetto

 Post da leggere solo dopo aver letto Cassonetto 14.



A due giorni dalla pubblicazione, l'esperimento di un racconto sul blog ha dato interessanti risultati. Sono naturalmente provvisori perché il racconto resta lì per chi passasse in ritardo.

Prima un po' di statistiche.

Facebook: 58 "Mi piace" e 2 condivisioni (lettori pigri o timidi)
Google+: non pervenuto (è davvero un social sfigato?)
Letture del post: 92 senza contare le mie, ma non so quante corrispondano al download del racconto
Commenti: 6 persone hanno commentato sul blog, 1 in privato e qualcuna l'ha fatto su mio invito.

Critichiamo adesso il racconto.

Ammetto subito di non aver curato la revisione come si deve e me ne scuso. Prometto, per il futuro, di non lasciarmi solo travolgere dall'ispirazione del momento. Sono stata un po' superficiale e so di poter scrivere di meglio, quindi mi auto-obbligo a ritentare l'esperimento.

Daniele Imperi ha trovato una frase costruita male: "Rimase a fissarla per qualche istante che lottava per per ricacciarsi il pianto in gola." A parte il refuso del doppio per, è effettivamente impostata male. Meglio forse: "Rimase a guardarla lottare per ricacciarsi il pianto in gola."

Michele Scarparo si è accorto di una svista tremenda sfuggita a tutti gli altri, me compresa: quando Serena tenta di baciare Whitfield è estate, ma lui indossa il cappotto!
Avevo scritto la scena prima di stilare il mio autistico calendario dei capitoli e poi ho dimenticato di adattarla al momento in cui si svolge.

Nel post che accompagnava il racconto, l'ho definito "americanata da serie tv" perché ho sfruttato tutti gli stereotipi che questa definizione comprende: il detective solo, triste e duro; la novellina secchiona che poi risolve il caso; scene del crimine alla CSI. 
Si tratta di uno stereotipare consapevole, anche se contaminato dal mio stile, e cercato per due motivi. Il primo è semplice comodità, cioè mi faceva comodo propinarvi personaggi e situazioni che avreste ricollegato alle americanate che tutti conosciamo per farvi entrare nella storia senza sforzo, dal momento che avevo a disposizione poche pagine. Sì, ho barato.
Il secondo motivo, però, è più subdolo. Ho rubato un trucco alla grande Agatha Christie e adesso ve lo spiego. In uno dei suoi libri, l'astuta signora inglese ha usato lo stratagemma di marcare più del solito l'aspetto sentimentale della trama e le era stata mossa la critica di aver introdotto troppo "rosa" nel suo "giallo". L'aveva fatto di proposito. Quel "troppo rosa" era un indizio per risolvere il caso perché la storia d'amore tra i due sospettati era falsa e montata appositamente per sviare le indagini di Poirot. Ora, non mi permetterei mai di paragonarmi alla regina del giallo, ma ho fatto qualcosa di simile proponendovi personaggi e scene banali per tutto il racconto, portandovi in una direzione apparentemente prevedibile, per poi sorprendervi con un finale che curva all'improvviso. La storia appariva così scontata che mai avreste pensato vi conducesse a una conclusione originale.

Con Cassonetto 14 ho barato, rubato e ingannato, proprio come i criminali che infestano la città in cui è ambientato. Come loro, poi, ho commesso degli errori e i detective più attenti mi hanno beccato!

Al prossimo esperimento e grazie a tutti quelli che hanno fatto da cavie al primo.

4 commenti:

  1. Altra osservazione statistica: Cassonetto 14, nel momento in cui scrivo questo commento, è fermo esattamente a 14 commenti.
    La prossima volta scriverò "Cassonetto 5000"

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  2. Aggiornamento statistico: 143 "Mi piace" - 116 letture (a qualcuno piace senza leggerlo) - stessi commenti di prima.
    Comincio a farmi delle domande...

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  3. Al di là dello stereotipo, cui nessuno fra gli scrittori riesce a sottrarsi (ho conosciuto due investigatori privati e posso assicurarvi che Marlowe & Company nella realtà non esistono, neanche per scherzo), al primo capitolo avevo pensato che il colpevole fosse proprio lui a che Serena risultasse assente perché era la vittima!
    Il finale è amaro, ma non sorprendente. Chiarisco: non banale, non scontato. L'ho vista come una immagine di come a volte va la vita.
    Amaro, ma consapevole.
    Esame superato! ;-)

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    1. Grazie, Gabriele. In realtà, sottrarsi agli stereotipi è una delle sfide per i nuovi scrittori, ma qui era voluto.

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